domenica 28 marzo 2021

Digitalizzazione della PA: il caso (positivo) successioni (Puntata 478 in onda il 20/3/21)

Qualche settimana fa qui a Derrick abbiamo parlato di digitalizzazione, mettendo a confronto su alcuni casi la pubblica amministrazione con aziende private, e avevamo preso come esempio positivo Agenzia delle Entrate.

Vorrei riprendere ed estendere il discorso dopo un’ulteriore esperienza personale credo rilevante.

Sono coerede in una successione e mi sono preso l’onere di gestirla io per quanto riguarda le attività burocratiche. Mi sono aggiornato riguardo alle modalità di invio della dichiarazione di successione da fare entro 12 mesi e ho verificato che già da un po’ si può fare online con Agenzia delle Entrate e che la dichiarazione è sufficiente, salvo casi particolari, a compiere i passaggi di proprietà delle quote di case e terreni.

Come spesso per l’invio di dichiarazioni, Agenzia delle Entrate prevede che si usi un ambiente software modulare chiamato Desktop Telematico che guida nella predisposizione della dichiarazione, svolge controlli formali e di coerenza e calcola la liquidazione delle imposte dovute contestualmente alle volture catastali. Il file predisposto da questo software si invia poi attraverso il sito dell’Agenzia che fornisce tutte le ricevute necessarie. Le imposte di successione vere e proprie invece vanno calcolate e pagate successivamente con un modello di versamento standard (sempre online) sulla base dei dati della dichiarazione di successione.

L’osservazione che mi viene da fare è questa: visto che i dati del catasto, mi pare, sono digitalizzati e visto che grazie alla piattaforma SPID l’identità può essere verificata in modo incontrovertibile (a patto di avere uno smartphone precedentemente registrato a proprio nome sulla piattaforma), cosa impedisce di fare volture di proprietà di immobili e terreni tutte online? A me sembra anacronistico che perfino in tempi di Covid andare dal notaio sia considerata una motivazione ineludibile di spostamento.

Certo, se io fossi un notaio sarei preoccupato e forse indispettito. Ma se è vero, com’è vero, che in occasioni di transazioni straordinarie c’è domanda di consulenti capaci indipendentemente dall’interfaccia con la burocrazia (per esempio per verificare la normativa, per controllare gli atti o per avere assistenza nella predisposizione dei contratti), credo che un buon studio notarile potrebbe guardare con ottimismo al proprio lavoro anche una volta superato questo anacronismo dell’obolo oligopolistico da pagare per forza sui passaggi di proprietà.


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sabato 20 marzo 2021

Lo stigma della liquidità (Puntata 477 in onda il 23/3/21)

Ragazze birmane a Bagan (copyright Derrick)
Una domanda da tre trilioni di dollari”, titola un articolo della sezione finanza del numero dell’Economist di metà marzo 2021.

Si riferisce a una stima del risparmio in eccesso rispetto alla norma in 21 Paesi ricchi del mondo. Un risparmio naturalmente non distribuito uniformemente tra classi di reddito, e che riguarda soprattutto i benestanti per cui una quota importante di spesa normalmente è per beni voluttuari (diciamo così) come viaggi o ristoranti che la pandemia impedisce di consumare. Nella classifica dei Paesi con questo risparmio anomalo l’Economist mette in ordine decrescente di incidenza rispetto al PIL Canada, USA, Regno Unito, Australia e Italia (seguono Germania e Francia). In alcuni casi potrebbero aver contribuito i piani straordinari di stimolo all’economia fatti proprio con iniezione di liquidità, dice l’articolo. Come far immettere questa liquidità nell’economia? A questo allude il titolo.

Oltre alla impossibilità di fare attività voluttuarie, pesa probabilmente la razionalità dei cittadini, non così fessi da pensare che i sussidi a pioggia e le aziende obbligate a non licenziare e tenute in vita con soldi pubblici, o la nazionalizzazione di interi comparti dell’economia con un processo non dichiarato di deliberalizzazione possano esserci senza una stretta successiva duratura in termini di benessere e tasse.

Il guaio è naturalmente il circolo vizioso: più tardi gli acquisti ripartono peggio è per la sostenibilità del sistema anche pubblico.

Dunque dobbiamo sentirci in colpa se con il lockdown spendiamo meno? Con un tempismo inquietante, leggo qualche giorno fa una mail di Banca Fineco. Un’azienda che spesso ho lodato per l’eccellente piattaforma online inaugurata più di 20 anni fa quando sembrava ancora fantascienza, ma che commette la piccola ingenuità di mandare mail superfiche e scintillanti quando vuole venderti un servizio e invece omertose (ma proprio per questo riconoscibilissime) quando vuole piazzarti la fregatura. Apro dunque il link contenuto nella terrea e sibillina proposta di modifica unilaterale del contratto e scopro che la mia banca si riserverà a breve il diritto di chiudermi il conto se ho troppa liquidità e non compro servizi di credito o risparmio gestito. (Stranamente non sembra riferirsi anche ai servizi di intermediazione di trading).

Perché questa minaccia? Perché i tassi di interesse interbancari, quelli “all’ingrosso” per così dire sono ormai da tempo negativi e, immagino, non c’è molta domanda di credito che sia coerente con le regole di solidità dei bilanci degli istituti. Anche Fineco, in altre parole, evidentemente non sa dove mettere la liquidità. (Mi viene in mente che qualche mese fa ho visitato un concessionario d’auto per sentirmi dire che mi facevano lo sconto solo se chiedevo un finanziamento che non m’interessava).

Un po’ mi stupisce che questa decisione di Fineco arrivi proprio insieme ai primi segni di una ripresa dell’inflazione che dovrebbe di per sé ridurre l’incentivo alla liquidità e, politiche espansive delle banche centrali permettendo, rialzare un po’ i tassi. Ma tant’è.

Con una battuta si potrebbe dire che siamo allo stigma della liquidità.

Ora vado online e che faccio, mi compro la quinta bicicletta, visto le FAQ del Governo – nuova fonte del diritto in questa brutta stagione – concedono di varcare i confini comunali pedalando purché sia “funzionale all’attività sportiva”? O un nuovo telefonino? O un periodo di studio all’estero per mia figlia in un posto dove spero le scuole le tengano aperte non solo a parole? (Ah, già: questo l’ho già fatto).

“Aspettati un boom immobiliare” ha risposto con più visione Matteo Di Paolo a un mio tweet sullo stigma della liquidità. Ma nel mio caso non è uno stigma capiente abbastanza per l’attico che ho adocchiato.


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lunedì 8 marzo 2021

Energia wireless (Puntata 476 in onda il 9/3/21)

Un'immagine dal sito di Emrod

Se avete paura delle onde elettromagnetiche, meglio che spegnate la radio prima di ascoltare troppo oltre.

Io peraltro ce l’ho, questa paura, da quando come ho raccontato in una puntata mesi fa mi sono accorto che una stazione di antenne per cellulari vicino a casa mia è stata dimenticata dall’ARPA Lazio che pure dopo una prima verifica aveva ritenuto che le sue emissioni richiedessero analisi più approfondite. Ad essere dimenticati, più che la stazione, sono stati i cittadini della zona.

E anche oggi in effetti parliamo di microonde, come quelle dei cellulari, ma le microonde odierne non sono a scopo comunicazione. Bensì proprio per trasferire energia, cioè per fare ciò che nel caso dei cellulari è un effetto collaterale del mandare dati.

A chi non è capitato in qualche zona affascinante di montagna di essere disturbato dalla vista di un traliccio dell’alta tensione? In aree di particolare pregio spesso il gestore della rete elettrica riceve petizioni di cittadini che vorrebbero mettere sottoterra cavi che disturbano il paesaggio.  Altre volte capita di notare l’incongruità di chilometri di linea di distribuzione in campagna per raggiungere solo poche case.

Ebbene, c’è un’azienda neozelandese chiamata Emrod che sviluppa proprio questo: una tecnologia per lanciare fasci concentrati di microonde allo scopo di trasferire energia elettrica a distanza rilevante senza l’uso di cavi. Altroché i 6 Volt/metro di attenzione per le onde dei telefonini, qui l’obiettivo è proprio spararne tanta di energia. Per questo alla Emrod hanno dovuto pensare a un sistema di sicurezza in grado di accorgersi se il fascio intercetta qualcuno anziché arrivare liberamente alla stazione di ricezione o di rinvio. La soluzione è circondare il fascio di microonde da alcune luci laser non letali che la stazione di ricezione sa di dover vedere. Quando non arrivano significa che il fascio è intercettato da qualcuno o qualcosa e allora il trasmettitore smette di mandare energia.

Spedire elettricità così però costa caro in termini di inefficienza: circa il 40% di perdite. Eppure ci sono applicazioni per cui sarebbe comunque sensato, per esempio raggiungere un luogo particolarmente impervio superando canyon o corsi d’acqua, o tratti di mare per arrivare a un’isola. O ovviare al fuori servizio di una linea di interconnessione. O ancora alimentare proprio i siti di antenne cellulari che hanno bisogno di tanta energia per la ripetizione del segnale. Dunque, se vi capiterà di venire investiti da un puntino di laser che proviene da un’antenna, il mio consiglio è di scansarvi, oppure indossare una tuta metallica.


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