lunedì 30 ottobre 2023

Il buco del gas (Puntata 595 in onda il 31/10/23)

Cuscinetti a rullo
Cuscinetti a rullo
Mentre nel 2022 i consumatori italiani residenziali e professionali reagivano ai prezzi eccezionali del gas consumandone molto meno che in passato, il sistema istituzionale dell’energia faceva il contrario. 

Comprava cioè gas a qualunque prezzo per metterlo negli stoccaggi e scongiurare un qualche razionamento. Razionamento che appunto stavano già esercitando volontariamente i consumatori per proteggersi dalla bolletta fuori controllo. O, se preferite, era la mano invisibile del mercato che stava occupandosi di ridurre i consumi, il che è la stessa cosa.

In seguito a decisioni d’urgenza del Governo, il gestore dei Servizi Energetici (GSE), l’agenzia che si occupa di amministrazione di molte delle attività economiche dell’energia interessate da forme di intervento pubblico, di concerto con Snam e con la Cassa conguagli del settore energetico ha comprato gas al prezzo medio di oltre 220 €/MWh (oggi vale sui 40 e prima della crisi anche la metà). Acquisti finanziati da un prestito dello Stato che visto il calo del prezzo si è trasformato in gran parte in una perdita che oggi pesa sulle bollette (o sulla fiscalità generale) future. Il GSE ha già realizzato circa 900 milioni di perdite rivendendo quel gas, ma se includiamo quelle non ancora realizzate (perché su gas ancora di proprietà pubblica) si arriva a circa 4 miliardi di buco ai prezzi attuali.

Difficile non pensare che quegli acquisti a qualunque prezzo non abbiano contribuito a tenere alti i prezzi in una fase in cui i venditori avevano in mano il mercato grazie alle paure di razionamento. Se è così, la tattica dell’accaparramento si è in parte creata il buco da sola.

L’unica prospettiva che ridurrebbe il debito sarebbero prezzi di nuovo alti per permettere a quel gas di essere rivenduto con meno perdita. Ma in tal caso pagheremmo di più la bolletta dei prossimi consumi. Come dire: ci siamo assicurati un costo alto qualunque cosa succederà. Anche chi coscienziosamente ha ridotto i propri prelievi per proteggersi dai prezzi della fase acuta della crisi rischia di ritrovarsi presto a pagare il conto di un gas che non ha mai né acquistato né consumato.

A ben vedere non c’è un unico modo possibile di riversare sui cittadini il danno. Potrebbero essere i consumatori futuri di gas a pagare in bolletta i quattro miliardi sul prezzo del gas. Si tratterebbe forse della soluzione meno irragionevole, che permetterebbe a chi è diventato più efficiente nei consumi di subire un danno inferiore. Oppure potrebbero essere anche i consumatori elettrici a pagare, cosa non insensata visto che la metà circa dell’elettricità prodotta in Italia viene ancora dal gas e che quindi era anche la sicurezza di fornitura elettrica che il Governo Draghi pensava di tutelare indebitando la comunità.

La soluzione più iniqua infine potrebbe essere quella di socializzare le perdite attraverso la fiscalità generale. Come dire: anche se tu consumatore di energia hai fatto la cosa giusta risparmiando durante la crisi, e magari hai investito in apparecchi che ti hanno reso strutturalmente più efficiente, anche se hai installato impianti di produzione da fonti rinnovabili investendo - tu sì - in resilienza energetica e quindi contribuendo ad abbassare i prezzi per tutti, non importa: pagherai comunque con le tasse il conto di una presunta sicurezza che tu in realtà ti sei procurato da solo e in modo ben più lungimirante rispetto ad accaparrare gas nel momento peggiore della storia.


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martedì 24 ottobre 2023

I consumi energetici dopo la crisi (con Leonardo Santi) (Puntata 594 in onda il 24/10/23)

Chiesa di Spormaggiore (TN)
Ai microfoni di Derrick Leonardo Santi presidente di AIGET, associazione dei grossisti e trader di energia italiani, che ci dice come sono cambiati i consumatori di energia dopo lo shock della crisi e dei superprezzi. [Spoiler: sono diventati più attenti al prezzo e pronti al risparmio energetico]:

 https://youtu.be/e3503PHVfS8?si=zm9h1_IlHDq6LnPH

Se Leonardo Santi di AIGET auspica incentivi per le pompe di calore, immagino tra gli ascoltatori di Derrick serpeggiare l’obiezione che è insostenibile diffondere le innovazioni con debito pubblico. E in effetti io inizierei, come lo stesso ministro Pichetto Fratin ha auspicato, con il tagliare gli incentivi alle fonti fossili di energia, più alti di quelli alle fonti sostenibili a detta dello stesso Governo, incentivi alle fonti fossili che oltre a caricare bollette e conti pubblici riducono la competitività delle altre fonti rendendo necessario incentivarle di più, in un circolo vizioso. Un esempio recente per tutti: l’IVA ridotta e l’annullamento degli oneri in bolletta sul gas, entrambi prorogati indipendentemente dalla povertà energetica di chi ne fruisce, costano e remano contro efficienza e pompe di calore.


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domenica 15 ottobre 2023

La sbornia degli aeroporti di vicinato: il caso Parma (Puntata 593 in onda il 17/10/23)

Piano di sviluppo dell'aeroporto di Parma
Dalla relazione tecnico-descrittiva
del piano di sviluppo dell'aeroporto di Parma
Un marziano che si facesse un’idea dell’Italia solo osservando la numerosità e vicinanza tra loro dei nostri aeroporti probabilmente immaginerebbe un territorio tormentato da foreste inestricabili o assenza di infrastrutture stradali e ferroviarie alternative ai viaggi in aereo.

La storia dei bilanci regionali è piena di sussidi ad aeroporti di vicinato in perdita cronica, sussidi dati implicitamente o esplicitamente anche alle compagnie aeree che li frequentano, come la Ryanair tanto invisa al Governo in carica. Ma anziché gettare la spugna, finché si tratta di soldi pubblici tipicamente le amministrazioni rilanciano, come nel caso dell’aeroporto di Parma per cui il comune ha recentemente deliberato, e la conferenza dei servizi ne ha iniziato l’analisi, una proposta di sviluppo del valore di oltre 20 milioni (12 sarebbero a carico della regione) per l’allungamento di mezzo chilometro della pista e l’estensione delle aree logistiche.

Diamo un’occhiata al contesto del settore. Come sta evolvendo la domanda di viaggi aerei?

È molto forte dalla fine del covid soprattutto per i viaggi turistici. La domanda di aeromobili oggi è talmente elevata da aver permesso a Boeing di superare relativamente indenne uno degli errori di progettazione più scandalosi della storia aeronautica costato due incidenti catastrofici e all’europea Airbus di avere il problema di soddisfare gli ordini. Il mercato sta anche cambiando qualitativamente, con maggior domanda di collegamenti punto a punto anziché tra grandi hub alimentati da voli regionali, da cui la perdita di interesse delle compagnie verso gli aerei giganteschi come l’Airbus A380.

Giusto quindi investire in aeroporti di vicinato rendendoli adatti ad aerei a fusoliera larga di medie dimensioni come punta a fare Parma? Beh, dipende.

Oggi si producono anche aerei a fusoliera stretta (quelli con un solo corridoio, per intenderci) in grado di attraversare l’Atlantico grazie all'aumentata efficienza, cosa fino a poco fa inimmaginabile. Si può andare in Australia da Roma volando con compagnie low cost su questi aerei con solo due scali. A maggior ragione non è più vero che i voli intercontinentali da aeroporti a ridotto bacino d’utenza richiedano necessariamente infrastrutture per aerei a fusoliera larga.

Ma soprattutto non si capisce come lo stesso Paese possa investire contemporaneamente nell’alta velocità ferroviaria, nelle autostrade (dove gli investimenti recenti e previsti gridano vendetta per l’incoerenza rispetto ai trend e alle tecnologie di trasporto attese, punto che riprenderemo in una prossima puntata spero) e negli aeroporti di vicinato.

Lo stesso marziano di prima, messo al corrente di questo, potrebbe pensare che l’Italia nuoti nell’abbondanza di soldi pubblici e territorio da cementificare.

È la solita sbornia di infrastrutture a spese di contribuente e ambiente. Nella relazione tecnico-descrittiva del nuovo aeroporto di Parma si legge che ha senso introdurvi il traffico cargo anche grazie alle sinergie con la progettata autostrada Cispadana, che aspira a collegare il modenese con Ferrara. Come dire: un progetto infrastrutturale ridondante ne giustifica un altro.

Ringrazio Marco Maria Freddi, già consigliere comunale a Parma, per avermi informato sulla questione, e come sempre sono felice di ricevere altre informazioni o controdeduzioni o critiche da soggetti interessati ed esperti.


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martedì 10 ottobre 2023

Permanenza dei sussidi alle bollette (Puntata 592 in onda il 10/10/23)

Dispenser-caricatore di batterie
per veicoli elettrici leggeri
fotografato da Derrick a Taiwan 
Non abbiamo ancora commentato qui la quinta edizione del Catalogo dei sussidi dannosi e favorevoli all’ambiente (link sotto) che il Governo ha diffuso qualche tempo fa sulla base dei dati fino al 2021. Non lo abbiamo fatto anche perché i numeri che emergono (oltre 21 miliardi/a di sussidi dannosi contro oltre 18 di favorevoli) non sono molto diversi da quelli degli anni subito precedenti e soprattutto perché saranno i numeri 2022 a essere ancora più significativi, perché ci diranno quanto gli aiuti alle bollette di famiglie e aziende avranno peggiorato la situazione (prevedere il peggioramento è facile visto che per ora la maggior parte dell’energia che consumiamo è o deriva da fonti fossili e che gli aiuti alle fossili sono generalmente considerabili dannosi all’ambiente).

In questo contesto, e in quello delle tensioni sullo spread che rendono certo critica la necessità di non sperperare soldi pubblici, si inserisce la valutazione in parlamento della conversione del decreto-legge (link sotto) che a fine settembre, proprio giusto in tempo per la scadenza di alcune delle misure, ha proseguito una serie di strumenti economici di supporto ai clienti di energia in termini di sconti in tariffa, sconti fiscali e sussidi.

Alcune delle estensioni sono a mio avviso imperdonabili, come l’IVA al solo 5% sul gas e la fiscalizzazione della componente di oneri generali delle bollette. Imperdonabili perché non legate a un effettivo stato di bisogno e nemmeno a prezzi di mercato eccezionalmente alti com’erano nelle fasi più acute della crisi, e disincentivanti rispetto al risparmio d’energia. Un esempio che faccio spesso è questo: perché mai i contribuenti dovrebbero rinunciare alla mia IVA sul gas se io non sono indigente, pagando tanto più in termini di mancato gettito IVA quanto più gas io consumo?

Altre estensioni del decreto le trovo invece ragionevoli, come quella del bonus bollette che va alle famiglie con una situazione di patrimonio e reddito critica anche in misura della loro numerosità e, per il gas, del clima in cui vivono. Benissimo. Ma a maggior ragione che senso hanno gli sconti di cui sopra su IVA e oneri?

Apprezzabile poi che i sussidi alle aziende energivore siano corretti per non essere più a pioggia ma legati ad azioni delle aziende beneficiarie in termini di efficientamento energetico e transizione verso l’uso di fonti energetiche senza danno al clima. Quella della vittimizzazione generalizzata delle aziende energivore in un contesto di prezzi alti dell’energia è un errore in cui tende a cadere la politica, laddove in molti casi le stesse aziende possono traslare (sebbene con possibili ritardi) il maggior costo sui prodotti finali.


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lunedì 2 ottobre 2023

A 20 anni dal blackout (Puntata 591 in onda il 3/10/23)

Nelle ore piccole del 28 settembre 2003 a Roma si celebrava la prima edizione della notte bianca. I tram avrebbero dovuto funzionare tutta la notte ed erano previsti eventi di ogni tipo fino all’alba. Ma alle 3:27 i tram e tutti gli apparecchi elettrici non collegati a generatori di emergenza si fermarono. Tutta l’Italia tranne la Sardegna e le isole non interconnesse alla rete era in blackout. Un esito disastroso giunto a circa mezz’ora dal primo incidente che aveva innescato una catena di eventi che i soggetti coinvolti non seppero contrastare con successo.

Un articolo di Luca Tabasso su Quotidiano Energia del 28 settembre 2023 (link sotto), ricostruisce in modo sia chiaro sia dettagliato gli eventi e le inchieste successive.

Una linea elettrica tra Svizzera e Italia gestita dall’operatore svizzero stava funzionando a piena capacità e il suo riscaldamento provocò un aumento della lunghezza dei cavi tale da farne venire in contatto uno con un albero. La dispersione conseguente mise fuori servizio la linea, costringendo quell’energia a passare in altre, che a loro volta si sovraccaricarono e andarono fuori servizio. Dopo poco l’Italia era isolata dall’Europa centrale da cui stava importando quasi un terzo del fabbisogno.

Secondo la ricostruzione italiana e dell’allora associazione europea dei gestori delle reti elettriche, l’operatore svizzero non comunicò in modo appropriato l’incidente e il gestore italiano per questo non reagì abbastanza in fretta. Nel frattempo, alcune centrali elettriche in Italia, anziché incrementare la potenza com’erano tenute a fare per contrastare il calo di frequenza, si staccarono dalla rete per evitare danni. A quel punto non c’era più niente da fare: i carichi di consumo erano troppo alti rispetto alla produzione, e l’intera macchina si fermò.

Com’è cambiato il nostro sistema elettrico da allora?

Molto. Oggi la capacità di produzione elettrica italiana è decisamente ridondante rispetto alla domanda, e la magliatura delle reti italiana ed Europea più fitta, tantoché non molto tempo fa un incidente nella rete dei Balcani simile a quello che innescò il disastro del 2003 è stato contrastato con successo da maggiore produzione elettrica nell’Europa occidentale.

La crescente integrazione internazionale delle reti stride con gli afflati autarchici che ogni tanto si sentono anche sull’energia. Se è vero che le fonti rinnovabili ci stanno emancipando da quelle fossili, è anche vero che i sistemi elettrici sicuri sono quelli che possono contare su tante risorse possibilmente complementari, e non dipendere solo dall’equilibrio tra disponibilità di energia e consumi in un’area limitata. I grandi serbatoi idroelettrici delle Alpi, il solare nel sud dell’Italia e l’eolico nel mare del nord, per esempio, possono fornire sicurezza energetica purché siano interconnessi e quindi in grado di supportarsi a vicenda.


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