martedì 30 aprile 2019

Mobilitaria 2019 (Puntata 395 in onda il 30/04/19)


Sono stato il 17 aprile 2019 alla presentazione a Roma del rapporto Mobilitaria 2019 a cura di Kyoto Club e CNR, un prezioso volume che raccoglie i principali dati sugli inquinanti dell’aria in molte città italiane.
Già la prefazione di Francesco Ferrante, vicepresidente del Kyoto Club, dà alcuni dati di sintesi: l’Italia è il secondo paese d’Europa in cui si muore di più per le polveri sottilissime (PM2,5 – 60mila morti all’anno stimate dall’agenzia europea per l’ambiente) e il primo per quelle da biossido di azoto (20mila). Numeri non meno che catastrofici. La tendenza nel biennio 2017-2018 però è generalmente in miglioramento, reso possibile soprattutto dal miglioramento del parco auto e caldaie visto che le politiche di controllo del traffico sono ancora timide.
Restano gli sforamenti dei limiti di legge sui livelli medi di biossido di azoto a Milano, Roma e Torino e delle concentrazioni di punta di PM10 soprattutto a Torino, Milano, Venezia, Cagliari, Napoli.
L’Italia infatti, come a Derrick abbiamo già visto, è stata deferita alla Corte di Giustizia europea per non aver risolto il problema, né averlo per ora affrontato con un piano considerato sufficiente dall’UE.

Milano
Mi permetto qui un commento: se sui cambiamenti climatici il disimpegno passa spesso per inquietanti forme di negazionismo, sul rischio, certificato anch’esso, di morire di inquinamento nelle città italiane, in particolare in quelle più ricche, l’atteggiamento più comune mi pare sia la semplice rimozione. Dei cittadini ancora prima che delle istituzioni. Che importano le morti premature rispetto alla sacra salvaguardia dell’abitudine alle code nel traffico privato? In fondo è così da decenni. Impressionanti i dati che mostrano a Roma, dopo un periodo di calo, un nuovo aumento del numero di auto private pro-capite. (Qui l’osservazione standard è che è colpa del trasporto pubblico che non funziona. Ma se il trasporto pubblico arranca non è solo per l’evidente incapacità dell’amministrazione pubblica romana di farlo funzionare, ma anche per l’impraticabilità delle strade bloccate da auto e scooter privati). Un cortocircuito che a me sembra anzitutto culturale. Peccato abbia effetti così drammaticamente concreti.

Iniziative utili delle amministrazioni pubbliche, citate nel rapporto Mobilitaria, per fortuna ci sono, tra cui un progetto di mobilità sostenibile urbana del Ministero dell’Ambiente del 2017, un finanziamento della finanziaria 2017 per nuovi autobus confermato dal nuovo Governo, la nuova defiscalizzazione degli abbonamenti bus (finanziaria 2018), il piano industriale delle Ferrovie 2017-2021 per il trasporto regionale. Aperta poi proprio in questi giorni una consultazione sulla mobilità sostenibile sul sito del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti, cui seguiranno tavoli di lavoro a cui Derrick ha chiesto di partecipare.
Per la mobilità in bici, sono arrivati 550 milioni pubblici nel triennio 2015-2018.
A proposito: chi scrive, mentre questa puntata va in online e in onda, sta tentando un viaggio in bicicletta, con 3 amici sicuramente più allenati di lui, da Amsterdam a Milano. Spero di poterne trarre elementi per un reportage qui, se torno intero. Anticiperò qualche notizia e foto sul mio account Twitter: micgovernatori.


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martedì 23 aprile 2019

Com'è nato Derrick (Puntata 394 in onda il 23/4/19)

Roma, Colonna Traiana
Scrivo questa puntata, come spesso, la domenica. In questo caso il giorno di Pasqua del 2019, di ritorno dalla manifestazione alla colonna Traiana a Roma per la sopravvivenza di Radio Radicale. E questa puntata sarà eccezionalmente autoriferita, perché vorrei raccontare com’è nata questa rubrica.

Nel 2009 io (Michele Governatori) lavoravo già da una decina d’anni nel settore dell’energia, e da alcuni mi ero trasferito a Roma. Non avevo alcun contatto attivo con il mondo radicale ma ero un ascoltatore quasi ininterrotto di Radio Radicale (in casa poi non avevo e non ho la tivù).

Quando Paolo Vigevano, che di Radio Radicale è stato uno dei creatori e di cui è stato editore, divenne amministratore delegato di Acquirente Unico, un’azienda pubblica dell’energia in cui io stesso avevo lavorato in precedenza, gli chiesi un incontro, senza conoscere i suoi legami col mondo radicale.
Così un giorno vado a trovarlo insieme all’amministratore delegato di allora dell'azienda per cui lavoro (Domenico de Luca), un incontro di conoscenza tipico del mio ruolo nelle relazioni istituzionali.
In questo incontro la curiosità di Vigevano e un inaspettato e inconsueto clima di familiarità ci portano a una chiacchierata più vasta e libera del previsto, tanto che lui racconta del suo ruolo in Radio Radicale, e io rispondo, per rifarmi un po’ della mia ignoranza, snocciolandogliene il palinsesto.

Non l’avessi mai fatto. Lui s’illumina, brandisce il telefono e dice “Adesso ti faccio parlare con Bordin!”.


Ora, io temo sempre queste fughe in avanti di chi pur animato dalle più amichevoli intenzioni ti mette in situazioni imbarazzanti. Il mio capo tra l’altro iniziava a guardarmi con sospetto. Figuriamoci poi quanto potesse importare a Bordin di parlare al telefono con l’ennesimo fan sconosciuto.
Magari non risponde, penso. Invece vedo Vigevano che dice “Massimo ti passo una persona che devi conoscere”. Roba da matti: era lui davvero. Alla cornetta aveva un’aria scocciata e gentile nello stesso tempo. Non ricordo cosa ho balbettato, ma a un certo punto Bordin dice una frase tipo “Dunque, cosa posso fare per lei?”. Oddio cosa poteva fare? Guardo Vigevano che fa cenni tipo “Vai, vai, buttati, forza” e in qualche modo dico: “È un peccato che Radio Radicale non abbia una rubrica dedicata all’energia”. Segue un breve lunghissimo silenzio. Dopodiché Bordin dice in tono più tollerante che entusiasta: “Allora perché non viene a trovarmi”.

Andai. Occhieggiai le sale di registrazione e Bordin mi ricevette nel suo ufficio mentre andava proprio la replica della sua rassegna. Mi propose di preparare un numero zero per una rubrica sull’energia, che feci la notte stessa registrando in cucina dopo aver disattivato il frigo (altrove avrei disturbato moglie o figlia).
Malgrado il microfono fosse di fortuna, la prova andò bene, e con Bordin ci accordammo per una pillola settimanale di taglio divulgativo.

Una pillola dura poco ma, ho scoperto lungo le 393 puntate successive nel corso di 10 anni, richiede parecchio lavoro. Sarebbe diventata la spina dei miei weekend, ma l’apprezzamento di persone che stimo mi avrebbe convinto a continuare nel progetto. Lì per lì rifiutai però l’offerta di un compenso, pentendomene poco dopo, mentre oggi che la Radio è a rischio di sopravvivenza sono felice di contribuire così a un’istituzione tanto importante per me e, credo, per tutti. E comunque ormai purtroppo è tardi per rifare quella telefonata a Bordin, così rocambolesca ma decisiva per me, e che senza l’iniziativa estemporanea di Vigevano non sarebbe avvenuta.

La mia posizione probabilmente è minoritaria, ma ancor più che una proroga della convenzione di Radio Radicale io auspico l’arrivo di capitali da una cordata di fondazioni o altri azionisti, nazionali o internazionali, o magari benefattori diffusi, che credano che un servizio di informazione accurato, libero e poco mediato, di conoscenza delle istituzioni, sia indispensabile a uscire dalla notte del populismo. Populismo che si basa proprio sull’incapacità di tanti elettori di smascherare la vuotezza dei suoi slogan, e talvolta la loro pericolosità rispetto ai principi delle democrazie liberali.

sabato 13 aprile 2019

Energia prepagata (Puntata 393 in onda il 16/4/19 e in replica il 9/7/19)

Con Caroline Kibii

Una delle difficoltà al funzionamento efficiente della vendita di energia è la morosità dei clienti. Mentre nei settori del credito e anche nella telefonia il sistema prevede o è in procinto di prevedere meccanismi di verifica preventiva della storia dei pagamenti dei clienti, per ora in Italia nell’energia questo è possibile solo in parte. Inoltre, i conguagli nei consumi dovuti a problemi nell’acquisizione dei dati dal contatore possono essere così tardivi da rendere addirittura legittimo, sulla base della normativa attuale, un pagamento parziale delle bollette di conguaglio.
In assenza di contatori telecontrollabili o in luoghi accessibili pubblicamente, può anche capitare – soprattutto nel gas dove l’incidenza di contatori non telecontrollati è ancora significativa – che chiudere la fornitura a un moroso non possa avvenire o avvenga con gravi ritardi, anche se il fornitore ne ha diritto.

Quel che vale sempre è che se qualcuno non paga e i fornitori non possono tutelarsene in modo efficace alla fine a pagare sono i consumatori onesti, perché il sistema a regime deve caricare a loro i costi delle insolvenze generali (certo nel breve qualche fornitore può fallire per morosità di clienti, ma prima o poi questo rischio finisce per caricarsi sul prezzo anche in un regime di piena concorrenza).
Ne deriva, a mio avviso, che sarà sempre troppo tardi quando le associazioni dei consumatori si alleeranno con quelle dei fornitori perché esistano anagrafiche, magari volontarie, sulla storia dei pagamenti, accessibili ai venditori.

Un altro sistema, più radicale, per tutelarsi dalle insolvenze, e – per i clienti – per non dover indirettamente pagare quelle degli altri, sono le tariffe prepagate, ancora pochissimo diffuse in Italia anche perché solo recentemente applicabili sulla base delle norme.
Caroline Kibii inserisce un codice-voucher
nell'interfaccia (sotto: in primo piano)
collegata al suo contatore
Prepagare l’energia invece è diffuso in altri mercati, come quello britannico (ricordate la scena del Monello di Chaplin con il contatore del gas a monete?) o alcuni africani tra cui il Kenya dove mi sono recato di recente e di cui grazie a Caroline Kibii, collaboratrice di questa puntata, posso raccontare.

Kenya Power, azienda locale dell’energia a controllo pubblico, ha recentemente installato diffusamente presso i clienti domestici dei misuratori elettronici di elettricità con un’interfaccia che permette al cliente di inserirvi dei codici corrispondenti a voucher prepagati. E siccome in Kenya il pagamento tramite cellulare è estremamente diffuso, questi voucher vengono tipicamente acquistati con il telefonino, attraverso un sistema chiamato M-Pesa, diffuso perfino nei più piccoli negozietti di strada e usatissimo anche per lo scambio di denaro tra privati. Così anche i clienti che restino al buio per esaurimento del credito possono immediatamente riattivare la fornitura.

Quali effetti comporta l’acquisto prepagato di elettricità, a parte l’impossibilità di consumare a sbafo? Secondo alcune evidenze da parte di osservatori locali (link sotto) il prepagamento rende più sensibili ai consumi e quindi attenti allo spreco di energia. Ma può anche creare confusione nei casi in cui, e in Kenya questo avviene in modo molto spinto, il prezzo unitario dell’elettricità vari in base agli scaglioni di consumo (nella fattispecie, in modo progressivo). Succede quindi che per le prime ricariche dell’anno il cliente ottenga più energia a parità di importo di quella delle ricariche successive una volta esauriti gli scaglioni più economici. Serve quindi un po’ di attenzione nel pianificare la spesa.

Si diffonderà il prepagato anche da noi? Dipende in parte da quanto efficacemente riusciremo – noi clienti e i fornitori - a interagire con i misuratori elettronici, che nel nostro caso non prevedono un’interfaccia di input fisico come invece quelli in Kenya. Del resto un collegamento diretto del cellulare o del pc al misuratore è ben più comodo di un'interfaccia con tastierina.

Ringrazio per questa puntata, oltre a Caroline Kibii, blogger e ricercatrice di Nairobi, Massimo Bello, presidente dell’Associazione Italiana Grossisti e Trader di energia (AIGET).



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