domenica 18 dicembre 2022

PNRR e trasporti (Puntate 483 e 555 in onda il 4/5/21 e 20/12/22)

Puntata 555

Il tracciato dell'autostrada SA-RC
visto dal monte Pollino

Con mia sorpresa, nell’edizione delle 13.45 del giornale di radio Rai 3 del 17/12/2022 è stato menzionato, anche con una breve intervista all’autore, il libro “L’imbroglio” di Franco Maldonato sul progetto di ferrovia ad alta velocità Salerno-Reggio Calabria. Un tema di cui a Derrick parliamo da quando il testo del PNRR è stato reso noto, cioè da quasi due anni, e che Maldonato tratta con nitore e rilevanza.

Servono ferrovie affidabili, ragionevolmente veloci e in grado di raggiungere tutti i centri rilevanti, non opere faraoniche su direttrici separate da gran parte dei centri di interesse delle zone attraversate. Ha senso, si chiede Maldonato, abbassare i tempi tra Salerno e Reggio Calabria, ma continuare a non raggiungere, per esempio, Matera?

Il progetto segue per molti tratti grosso modo il tracciato dell’autostrada e si tiene lontano dalla costa da Salerno fino ad almeno Paola, nel cosentino. Nemmeno l’attuale stazione di Salerno sarà servita, né quella di Battipaglia, che sarebbero sostituite da altre fermate dedicate. Leggendo il progetto come descritto sul sito delle ferrovie, mi sembra di capire che le uniche aree che potrebbero vedere una migliore connessione, velocità a parte, sono i poli universitari di Fisciano e quello di Cosenza, serviti da due nuove fermate. (Ma c’è da chiedersi quanti abbiano interesse ad arrivare da molto lontano all’università con pochi treni veloci al giorno, anziché con servizi per pendolari regionali efficienti e frequenti).

Una linea ad alta velocità, lo abbiamo già visto in altre puntate (sotto, e link), richiede opere drasticamente più complesse di quelle di una linea convenzionale, con un uso estesissimo di viadotti e tunnel per aumentare i raggi delle curve e limitare i dislivelli. La velocità implica poi la segregazione rispetto alle stazioni convenzionali. Si tratta insomma di un’infrastruttura di fatto separata, poco interconnessa a quella tradizionale e che tende a favorire il trasporto tra pochi hub lontani isolando ancora di più i centri di valenza locale rispetto al passaggio di treni intercity, che essendo parzialmente in concorrenza con l’alta velocità tenderanno a diminuire.

Ma come nota Maldonato, il plauso al progetto di alta velocità arriva da quasi tutte le forze politiche. La narrazione è quella di un’opera per l’emancipazione del Sud, che come tutti gli slogan non vuol dire nulla a meno che non ci si chieda cosa s’intende. Emancipiamo il sud facendo risparmiare tempo all’uomo d’affari che lavora tra Salerno e Reggio Calabria e che non ha ancora imparato a usare le videoconferenze (magari un manager sull’orlo della pensione)? Oppure lo emanciperemmo rendendo più raggiungibili le località turistiche, vivibile la provincia e meno isolati i tanti bei borghi agonizzanti?

Anni fa pubblicai e ora ripropongo qui sopra la foto di quattro canne di tunnel autostradale a quasi mille metri d’altezza che si vedono dalle pendici in prossimità della cima del Pollino, insieme alla devastazione degli sbancamenti dei cantieri per raggiungerle: due tunnel nuovi, due già abbandonati della Salerno-Reggio Calabria. Autostrada oggi veloce e mastodontica, mentre la statale Tirrenica – lontanissima – è d’inverno spesso interrotta per frane. Ora anche l’Alta velocità ferroviaria, tra tunnel e viadotti, passerà in prossimità del Pollino dopo aver anche tagliato più a Nord gli Alburni, dice Maldonato in un’intervista su Youtube. E, aggiungo io, competerà per lo stesso traffico per cui fino a pochi anni fa si sono erette e scavate le opere dell’autostrada.

Come i futuristi di inizio Novecento, identifichiamo la modernità con l’ardore della velocità. A costo di ignorare la qualità della vita, l’ambiente, la bellezza e la connessione delle località intermedie, che forse contano di più. E nell’ansia di riuscire a spenderli, nemmeno ci chiediamo a vantaggio di chi andranno le decine di miliardi pubblici investiti in tunnel e viadotti e sottratti ad altro, perché a ben vedere forse il vero merito dell’alta velocità è proprio questo: far spendere decine di miliardi in fretta per rispettare il PNRR.


Puntata 483

Questa è Derrick e questo è il 179esimo giorno dal decreto del 6/11/2020 che chiuse le scuole per la
seconda volta senza che le superiori, anche nelle regioni più fortunate d’Italia, abbiano da allora mai più riaperto a pieno regime.

Parliamo anche noi di PNRR, in particolare di trasporti. Nel documento sono previsti circa 28 miliardi tra fondi UE e fondo complementare per ferrovie e strade, in buona parte dedicati alle ferrovie ad alta velocità. Come ha scritto Marco Ponti sul Domani il 27 aprile 2021 (link sotto), i progetti del Governo riguardo all’alta velocità ferroviaria richiederanno tra i 22 e i 28 miliardi, solo in parte coperti dai fondi UE, e sono stati deliberati senza alcuna analisi costi-benefici, in particolare senza un’analisi della domanda attesa per questo servizio.

Ecco alcune affermazioni sintetiche sull'alta velocità ferroviaria (alcune sono approfondite in altre puntate - link sotto)

  • L’alta velocità al Sud è una bella metafora, suggerisce integrazione e sviluppo
  • Le linee ferroviarie ad alta velocità costano enormemente di più di quelle normali in termini di denaro e uso di territorio. Costa anche molto di più muoverci sopra i treni (l’attrito dell’aria aumenta con il quadrato della velocità, andare molto forte ha costi enormi, da cui anche il mancato decollo della levitazione magnetica)
  • Non si possono interconnettere quasi per nulla (nemmeno nell’uso delle stazioni già esistenti lungo il tragitto) alle linee normali
  • Perfino nelle aree ad alto traffico riducono l’offerta intercity tra centri non serviti dall’alta velocità e anche per questo riducono la connessione di chi non è vicino a una grande città servita
  • Sono utili a chi è disposto a spendere molto per risparmiare poco tempo, cioè tipicamente a manager con impegni serrati che si alternano in diverse città. Un modo di lavorare che si sta riducendo con l'uso ormai diffuso delle videoriunioni. Un’idea non moderna quindi, ma di modernariato
  • Pagarle con soldi pubblici significa drenare risorse verso una minoranza di utilizzatori rispetto alla generalità del pubblico
  • Oltre al primo vantaggio menzionato (la suggestione positiva - ma fallace - dell’integrazione del Sud), l’alta velocità è un metodo relativamente semplice per spendere tantissimi soldi in un solo macroprogetto. Questo sì la rende utile a spendere con successo fondi europei
Poi, finiti i cantieri, resta un’infrastruttura molto invasiva e utile a pochi. La provincia, i borghi, la bellezza e il potenziale economico diffuso del nostro Paese restano disconnessi e pagano, solo per citarne una, la mancata manutenzione delle strade provinciali o mancati progetti di trasporto pubblico leggero extraurbano.

Se guardiamo al turismo: come si può affermare che serva un treno veloce per Reggio Calabria – che potrebbe fermare nel tragitto da Salerno solo in un paio di stazioni dedicate - più che uno affidabile, frequente e confortevole con soste nei principali centri della costa?

Una via francigena ciclabile avrebbe forse impatti più favorevoli in termini di rapporto costi-benefici, connessione territoriale e sociale, sviluppo, attrattività internazionale del Paese?

Il ponte pedonale più lungo del mondo
vicino ad Arouca (Portogallo)
Io credo di sì, ma non lo sapremo mai, perché l’analisi non c’è. Ci sono solo 600 milioni in tutto sulla viabilità ciclabile nel PNRR.

Del resto da noi fino a ora le poche vie ciclopedonali extraurbane si sono fatte solo dove qualche amministratore illuminato ha avuto l’idea di sfruttare vecchi tracciati ferroviari o argini percorribili. Perché non pensare oggi a infrastrutture ciclopedonali progettate ex novo, anche con opere civili, nei luoghi dove potrebbero avere il maggior potenziale?


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domenica 4 dicembre 2022

Aiuti alle bollette: Germania batte Italia, anche in intelligenza (Puntata 553 in onda il 6/12/22)

Tempio a Soi Dao (foto Derrick)
La scorsa puntata di Derrick è stata una di quelle che suscitano reazioni. Sono grato a chi si è fatto vivo con commenti e critiche, tra cui l’esperto del settore Luigi De Francisci che mi fa notare che se è vero che la tecnologia più costosa necessaria finisce per influenzare il prezzo di tutta l’energia, è anche necessario soprattutto con prezzi così alti prevedere sistemi di redistribuzione ai danni dei produttori con costi più bassi per finanziare gli aiuti.

De Francisci ha certamente ragione, come abbiamo anche visto in questa rubrica, ed è un approccio generale europeo che in Italia chiamiamo recupero degli “extraprofitti” ma che stando a dati consuntivi e previsioni è in grado di coprire solo una frazione dei costi degli aiuti alle bollette.

Costi che con circa 60 miliardi più i 20 della legge di bilancio per il primo trimestre 2023 in Italia hanno già superato l’intero valore delle misure di transizione ecologica del PNRR. E se fa impressione (e a me ne fa) questo confronto, che dire dei 200 miliardi totali preannunciati dalla Germania contro il carovita di cui circa 100 andranno sulle bollette?

Beh, una cosa rilevante da dire c’è, e riporta il discorso proprio a quel prezzo marginale da cui siamo partiti. La Germania è sì generosissima nel suo intervento (che del resto si applica a un mercato dell’energia che è proporzionalmente più grande del nostro), ma lo fa stando ben attenta a non cancellare proprio il segnale di prezzo marginale in capo ai consumatori. Gli sconti tedeschi infatti si applicheranno solo su una quota tra il 70 e l’80% dei consumi storici dei beneficiari. Sopra tale soglia, il prezzo applicato sarà quello pieno di mercato.

Cosa significa? Significa che gli aiuti alla tedesca non disincentivano in nessun modo il risparmio energetico, perché lasciano inalterata la botta sulle tasche di ogni metro cubo di gas o megawattora di elettricità consumati in più rispetto a quantità di moderazione.

La proposta di legge di bilancio del governo Meloni invece, in continuità con il precedente, rifinanzia e in parte allarga gli aiuti, che in tutti i casi tranne il bonus energia famiglie prevedono trasferimenti crescenti al crescere dei consumi futuri.

I tedeschi, in altre parole, fanno di necessità virtù, obbligando il sistema economico a diventare energeticamente più efficiente, noi no, almeno stando alle norme.

Per fortuna poi gli agenti economici e le persone sono spesso più razionali delle norme, e, come ha scritto Caterina Maconi su Repubblica citando un sondaggio Nielsen, e come abbiamo visto dai consuntivi gas di ottobre, la maggioranza di noi sta cercando di risparmiare energia. Da un grafico pubblicato sull’Economist su dati Bruegel, tuttavia, emerge che nei primi dieci mesi del 2022 la Germania ha ridotto i suoi consumi di gas del 13,4% contro il nostro 4,3%. Dato che peraltro va letto tenendo conto del maggior uso del gas termoelettrico in Italia, che ha dovuto sostituire l’idroelettrico a causa della siccità.

Siccità che, in questo weekend di acquazzoni in cui scrivo Derrick in casa al freddo mentre dovrei essere fuori in bici, sembra temporaneamente risolta, il che potrebbe preludere a migliori performance di risparmio di gas in Italia, mentre non mi sembra migliorare la sensatezza della politica degli aiuti alle bollette.


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venerdì 2 dicembre 2022

Il prezzo marginale (Puntata 552 in onda il 29/11/22)

Il più alto influenza tutti
(Foto di Perla Lisset Medina)
Quando un mercato esprime prezzi molto alti di solito si aprono quesiti o polemiche che finiscono per
investire aspetti anche esistenziali dei mercati stessi. La tentazione, forse un po’ inevitabilmente, è sempre la stessa: pensare che addomesticare un prezzo con una sospensione del mercato renda più economico l’approvvigionamento di una risorsa scarsa.

Una domanda che più volte è arrivata a Derrick è: perché sulla borsa elettrica tutta l’energia acquisisce il prezzo della sola ultima unità scambiata, cioè quello che gli economisti chiamano prezzo marginale?

Il ragionamento che spinge alla domanda è che non ha senso remunerare tutto al prezzo più alto tra quelli richiesti dai fornitori, perché questo dà una remunerazione non richiesta a quelli che avevano offerto di vendere a meno. Stessa cosa che avviene anche nelle aste del debito pubblico: il rendimento che viene stabilito è quello del prestatore più esoso necessario a piazzare tutti i titoli.

Come mai?

Una prima risposta è leggermente impropria ma credo comunque utile: immaginiamo non un’asta – com’è quella della borsa elettrica o quella dei titoli di Stato – bensì un banale mercato rionale, per esempio delle uova. Ipotizziamo che le uova siano tutte uguali e che ci siano vari fornitori potenzialmente disposti a venderle a prezzi diversi che corrispondono ai loro costi. È credibile che effettivamente il prezzo a cui vendono sia diverso all’interno dello stesso mercato?

No. Perché se così fosse i venditori a prezzo più basso che vedono un concorrente riuscire a vendere a più proporrebbero essi stessi un prezzo modificato in modo da essere solo leggermente più basso del concorrente esoso. E così via. Inevitabilmente il prezzo finisce per essere pari al valore da cui il venditore più esoso – ma necessario a soddisfare la domanda – non può scendere, magari perché corrisponde ai suoi costi di produzione relativamente alti.

Uno potrebbe ribattere che però un’asta come quella della borsa elettrica o dei titoli di Stato è diversa dal mercato rionale, perché i vari fornitori nell’asta non si vedono l’un l’altro e non possono fare arbitraggio. È vero. Ma mettiamoci di nuovo nei loro panni: Offrirebbero sempre il loro miglior prezzo – basato sui propri costi – se sapessero che poi gli viene pagato quello, e non il prezzo più alto offerto del fornitore meno efficiente? No: con le nuove regole farebbero offerte più elevate, attraverso un processo di tentativi e osservazioni in modo da apprendere qual è il massimo che possono ragionevolmente ottenere, che di nuovo tenderà a essere legato al prezzo del competitore meno efficiente ma necessario a servire la domanda.

Provo a prevenire anche la prossima obiezione:

Quand’anche il mercato a pronti, quello che nel caso della borsa elettrica si svolge per ogni ora con un'asta il giorno prima, debba funzionare in modo che tutti paghino lo stesso prezzo del fornitore necessario meno efficiente, chi impedisce che chi ha costi più bassi si accordi per periodi più lunghi a un prezzo svincolato da quello marginale? Nessuno. E infatti una buona parte dell’energia viene scambiata con accordi bilaterali che non necessariamente considerano il prezzo a pronti. Ma il mercato a pronti influenzerà il prezzo degli accordi, perché le parti hanno l’alternativa di usare quel mercato rispetto a siglare un contratto fuori dal mercato.