lunedì 19 giugno 2023

Il liceo del made in Italy (Puntata 579 in onda il 20/6/23)

Qui a Derrick ci occupiamo ogni tanto anche di istruzione, non perché chi vi parla ne sia un esperto, ma perché crede che sia di gran lunga l’investimento più critico per il nostro futuro democratico, economico, sociale.

Ogni tanto scatta la polemica sull’utilità degli istituti tecnici rispetto ai licei. Da professionista nel mondo di imprese e altre organizzazioni, mi sono convinto che le competenze più importanti in chi inizia a lavorare siano quelle trasversali. In primis padroneggiare l’italiano (cosa che spesso non si riscontra nemmeno nei laureati) ed essere in grado di affrontare un quesito in termini analitici. A mia figlia ho consigliato di imparare a leggere un’equazione e una poesia prima di chiedersi cosa si farà di queste competenze.

Molto più delle mie opinioni sono utili però testimonianze di chi nella scuola ci lavora.

Come in passato abbiamo oggi a Derrick un insegnante di scuola secondaria, Emanuele Pinelli, che ci parla del nuovo “liceo del made in Italy” e della dicotomia licei-istituti tecnici non solo dal punto di vista sostanziale, ma anche della loro percezione:

Audio di Emanuele Pinelli

Grazie Emanuele Pinelli


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sabato 10 giugno 2023

La rivoluzione è arrivata (Puntata 578 in onda il 13/6/23)

Trend di fonti rinnovabili in quattro paesi
(Dallo studio RMI linkato sotto)
Un rapporto dell’americano Rocky Mountain Institute, appena uscito e intitolato The Renewable Revolution (disponibile online e sul blog Derrick Energia) fa il punto sulla transizione energetica verso le fonti rinnovabili e su cosa c’è da aspettarsi in materia in questo decennio.

Ne citerò qui solo pochi punti, selezionandoli sulla base della loro rilevanza dalla mia prospettiva ma anche dell’utilità nello smentire luoghi comuni sbagliati in materia.

Come stanno procedendo le fonti rinnovabili di energia (sole e vento), le auto elettriche e le batterie nel mondo? Con andamento esponenziale, cioè una crescita più che proporzionale al passare del tempo. Questo avviene – come è successo nella fase iniziale di altri boom come quello di internet - quando una discesa spettacolare dei costi nelle relative tecnologie si sta arrestando, perché evidentemente le industrie stanno raggiungendo una scala e una maturità adulte.

Maturate le industrie e ridottisi i costi – che potranno variare sì ma verosimilmente solo in corrispondenza di salti tecnologici rilevanti – sono le vendite che decollano, e con esse la quota di energia rinnovabile che in forma sempre più di elettricità viene e verrà consumata.

Spesso si sente raccontare che l’Europa spinge sulla transizione ecologica mentre il resto del mondo, in particolare la Cina, punta sulle fossili salvo approfittare della determinazione unilaterale europea verso le nuove tecnologie per vendercele e arricchirsi. I numeri del rapporto RMI (e quelli di qualunque altro, a dire il vero) smentiscono questo luogo comune. L’energia solare (nel caso del Brasile: quella eolica) in paesi come Brasile, Vietnam, India, Marocco è letteralmente decollata negli ultimi cinque anni o giù di lì, anche se occupa in particolare nei giganti Brasile e India una quota ancora minoritaria del mercato energetico.

La Cina è da un lato il luogo del mondo in cui le macchine per le tecnologie delle energie sostenibili sono le più economiche da produrre, ma anche quello in cui se ne installano di più all’interno del territorio. Del resto la Cina era (e ancora è) anche il più grande importatore di energie fossili, e ha tutto l’interesse a passare a sistemi che la emancipino da questo. Interessante, a proposito, che Xi Jinping sia ultimamente freddo riguardo all’investimento nel nuovo gasdotto che permetterebbe alla Cina di importare il gas siberiano che non arriva più (almeno per ora) in Europa.

Lo studio del RMI è vasto e consiglio di leggerlo. Porta numeri che rendono ancora più evidente lo scarso momento di chi pensa di poter fermare una rivoluzione (così la chiama lo studio paragonandola a quelle industriali e a quella dell’informazione) che sta decollando ora semplicemente perché le sue tecnologie sono mature.


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lunedì 5 giugno 2023

Il punto sull'auto elettrica (Puntata 577 in onda il 6/6/23)

500 cabrio fotografata a Bangkok da Derrick
È il caso di fare un aggiornamento sull’industria dell’auto elettrica sfruttando anche un articolo sull’Economist dell’ultima settimana di maggio 2023.

In Europa nel 2022 le auto elettriche a batteria sono state oltre il 12% delle vendite, contro il 9% di un anno prima e il meno di 2% nel 2019. I prezzi sono ancora sensibilmente più alti rispetto alle auto tradizionali, ma è verosimile a mio avviso che questa differenza sia destinata a scomparire e anzi invertirsi non appena la capacità produttiva di auto tradizionali si ridurrà in seguito alla conversione delle linee produttive alle elettriche. Sempre un articolo precedente dell’Economist notava come nel settore delle auto elettriche le barriere all’entrata per gli operatori siano inferiori a quelle dell’auto tradizionale, cosa che mi fa ancora più propendere per il fatto che non appena l’eccesso di capacità produttiva che da tempo vediamo nelle auto fossili si riprodurrà su quelle elettriche, i prezzi scenderanno, indipendentemente dal progresso tecnologico in particolare nelle batterie, che pure giocherà un ruolo.

Una barriera allo sviluppo però c’è, nota l’Economist, ed è infrastrutturale: la disponibilità di colonnine di ricarica, che sono sia insufficienti già in una prospettiva di breve termine, sia distribuite in modo disomogeneo: la metà delle stazioni di ricarica in Europa si concentra in Olanda (90 mila) e Germania (60 mila), mentre per esempio la vastissima Romania ne ospita solo lo 0,4%. Per non parlare di paesi con reti elettriche meno sviluppate.

Differenze, quelle nella disponibilità di colonnine, che rispecchiano il potere d’acquisto locale odierno, ma che anche quando le auto elettriche diventeranno più economiche rischiano di prolungare il ritardo per carenza d’infrastruttura.

Carenza che potrebbe far sì che in effetti il mercato dell’auto si segmenti in due: una coda di auto fossili per i paesi in ritardo con le colonnine, e boom dell’elettrico negli altri. Se questo avvenisse a livello mondiale, potrebbe anche succedere che le vecchie linee produttive tradizionali restino operative a lungo.

O invece sarà come nel passaggio dai telefonini tradizionali agli smartphone, quando i primi I-Phone o Blackberry sembravano astronavi, ma dopo pochi mesi nessuno comprava più la vecchia generazione.


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