domenica 5 giugno 2022

Le camminate impossibili: il parco dei monti Cervia e Navegna (RI) (Puntata 531 in onda il 7/6/22)

Tratto di strata franato
poco sopra Ascrea
Il 1° giugno 2022, in una giornata rovente, ho preso la bici verso stazione Termini a Roma per salire su un treno regionale diretto ad Avezzano dopo essermi munito del supplemento bici (che si può comprare sul sito di Trenitalia ma non sulla app).

Il treno era uno di quelli non di ultima generazione, che hanno in coda un amplissimo vano con tre ganci per appendere verticalmente le bici. I passeggeri erano perlopiù turisti e sono scesi quasi tutti a Tivoli.

Io ho proseguito invece fino a Carsoli, già in Abruzzo, ho attraversato la Tiburtina e incrociato l’autostrada per salire al borgo di Poggio Cinolfo per poi rientrare nel Lazio dopo pochi chilometri e proseguire a nord per Collegiove con una decina di chilometri di salita continua.

Collegiove si trova proprio al confine della riserva naturale dei monti Cervia e Navegna, e nella tarda mattinata del giorno feriale sembrava deserto. Un comune di soli 130 abitanti, leggo, peraltro recentemente un po’, ma non abbastanza, rimpinguati dall’arrivo di immigrati come è frequentissimo vedere nei nostri borghi.

Riempita la borraccia proseguo verso nord, sempre salendo, mentre la strada provinciale per Marcetelli ormai ha ai lati i pali misuraneve e raggiunge un massimo di altitudine poco oltre 1100 metri. La abbandono al bivio per Ascrea, ormai immerso in bellissimi boschi, dove inizia il tratto di strada non asfaltato tutto in ombra che scende appunto ad Ascrea, un borgo che domina la costa est del lago artificiale del Turano, sotto al monte Navegna.

In prossimità del paese la strada percorre a mezza costa una stretta valle e sovrasta quella che credo si chiami gola dell’Ovito. Ci sono antichi segnali stradali a cui a un certo punto ne è stato aggiunto uno di divieto al transito a bici e pedoni, e infatti il percorso è in abbandono da anni, e proprio a un chilometro circa da Ascrea la strada è invasa da massi di roccia impressionanti crollati dalla parete sulla destra, che lasciano a malapena lo spazio per passare in bici, e poi chiusa da un masso eloquente messo apposta per fermare chi viene dal paese.

Si tratta di una strada comunale che insiste, come mi ha spiegato Pierina Federici che ringrazio, sui comuni di Varco Sabino ed Ascrea, ed è evidente che la sua messa in sicurezza richiede fondi che trascendono quelli disponibili da due piccoli comuni.

Ad Ascrea alle 2 del pomeriggio in giro non si vede anima viva. Domani arriveranno da Roma le scampagnate del 2 giugno forse, ma oggi nemmeno il baracchino dei giardini panoramici in cui tre anni fa comprai una bibita sembra aperto. Giù in valle, invase dal sole, si vedono le anse e l’isola del lago in corrispondenza di Castel di Tora.

È giusto che una strada che attraversa tra due cime una riserva naturale non sia tenuta in condizioni adatte al transito in sicurezza di veicoli a motore? Forse sì.

Ma che si neghi a ciclisti e camminatori questo passaggio, che lega la valle del Turano al cuore della riserva e permette di raggiungere in breve l’altro grande lago della zona, quello del Salto, mi sembra un peccato.

Questa puntata di Derrick è dedicata un’altra infrastruttura che ha bisogno di essere sottratta all’abbandono e riutilizzata in modo nuovo. Non possiamo pensare solo alla rete delle grandi comunicazioni tra capoluoghi e non salvare il tessuto connettivo dei tanti tesori sparsi tra borghi, riserve, comunità montane.

Se le prime strade nel West americano o la ferrovia in Siberia crearono insediamenti, da noi salvaguardare queste connessioni significa rendere di nuovo frequentabili parti vaste delle nostre bellezze. Non basta ristrutturare le seconde case nei borghi perché qualcuno vada a visitarli.

Se davvero si rimetterà mano al PNRR, spero lo si farà anche in quest’ottica.

Ringrazio per questa puntata la consulenza di Pierina Federici della Locanda Belvedere di Ascrea (link sotto).


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