domenica 9 ottobre 2022

Contratti gas e minaccia nucleare (Puntata 545 in onda l'11/10/22)

Francis Gavin dell’Università Johns Hopkins ritiene che quando si parla di conflitti nucleari non è tanto la superiorità negli armamenti a essere determinante, quanto la disponibilità a usarli davvero. E pochi soggetti sono più pericolosi di un despota ormai entrato in una fase molto oltre ogni possibilità di recupero.

Una cosa che mi sembra ci stia insegnando l’orribile aggressione russa è che il celebre assioma di Bastiat “dove passano le merci non passano gli eserciti” sembra non applicarsi più.

Né Putin né l’Europa hanno infatti finora chiuso del tutto i rubinetti del gas. Il primo, piuttosto, li modula già da prima dell’invasione per controllare il prezzo e il livello di minaccia verso l’occidente, e purtroppo trova terreno fertile in paesi europei disuniti dove la proposta della Commissione (e di autorevoli economisti) di mettere un dazio straordinario sul gas russo resta minoritaria.

Noi europei preferiamo tenere aperto un canale di vessazione del regime russo pur di non perdere il gas (sempre meno) che ci dà quando ne ha voglia, mentre avremmo la capacità di accelerarne il collasso economico estendendo al gas le sanzioni. Da un lato abbiamo messo in campo costosissime azioni per porci in grado di rinunciare al gas russo, dall’altro non ce ne avvantaggiamo in termini tattici e non abbiamo il coraggio di applicare nemmeno una tariffa selettiva. Estraiamo i cosiddetti extraprofitti dalle fonti rinnovabili, ma non dal gas di Putin.

E anche il governo ucraino si guarda bene dal compromettere questo filo commerciale: gli unici tubi di esportazione dalla Siberia oggi passano sul suo territorio (disturbati solo da incidenti tecnici quando la Russia decide di causarli o inscenarli), e verosimilmente l’Ucraina viene regolarmente remunerata dalla Russia per il transito (in gas? Può darsi).

Vedete che più contraddittoria dell’assioma di Bastiat di così questa situazione non potrebbe essere.

A parziale discolpa delle nazioni europee (non dico dell’UE, perché come abbiamo visto la posizione della Commissione non è quella immobile del Consiglio) potrebbe essere il fatto che se Gazprom non ha ancora contravvenuto ai minimi commerciali di esportazione (anche grazie alle finte cause di forza maggiore addotte quando gli è utile) se fossero i clienti a violare per primi i contratti questo li metterebbe in una condizione di svantaggio nella sede di un arbitrato internazionale.

Ma veramente si pensa questo? Di salvaguardare un contratto con una controparte che minaccia un attacco nucleare?

Altro problema da considerare è che in caso di chiusura dei rubinetti dovrebbe essere l’Europa a esportare gas all’Ucraina questo inverno, ma non si tratta di numeri preoccupanti se prima della guerra l’import Ucraino di gas (che ne è un discreto produttore) era di meno di 13 miliardi di m3/anno secondo worlddata.info.

La deterrenza nucleare serve a poco contro un uomo che sa di essere ormai destinato o a cadere lui da solo o a portare al disastro la sua nazione (o anche tutte le altre). Anzi potrebbe aizzare una comunità di guerrafondai patriottici.

Mettere sul lastrico l’economia pubblica russa chiudendo noi i rubinetti forse invece accelererebbe una sollevazione del paese.

E a me darebbe l’impressione che quel pochissimo gas che ancora uso in casa (solo per la doccia) non è più macchiato di sangue.


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