Un aumento dei prezzi del gas
successivo alla chiusura del transito di gas russo in Ucraina ha riacceso le
discussioni in materia.Veduta di Xishuangbanna, Yunan, Cina
Come al solito,
le soluzioni invocate tendono a guardare inutilmente lontano (un nucleare che in
italia non vedremmo prima di 15 anni e a costi proibitivi) oppure alla sindrome
di Stoccolma (legarci ancora di più al gas ed esporci così ai danni anche delle
prossime crisi) anziché guardare alle tendenze positive già in atto e da
incoraggiare (boom delle rinnovabili anche senza incentivi e delle batterie per
la sicurezza di fornitura elettrica). Ringrazio Duccio Facchini, direttore di
Altreconomia, per aver ospitato il contributo che segue. Sul sito di
Altreconomia e di Derrick Energia link al testo.
Ho sempre trovato
inquietante che i due paesi in guerra commerciassero in servizi di transito del
gas come niente fosse, e credo che la chiusura del transito del gas russo in
Ucraina sia opportuna, come lo sarebbe estendere al gas le sanzioni europee
applicate al petrolio russo.
L’effettiva fine
del transito è stata confermata relativamente all’ultimo, e quindi non mi
stupisce che stia avendo effetto sui prezzi (ma i 50 € al MWh attuali sono ben
lontani dai picchi di oltre 300 del 2022). Già in tempi non sospetti con il
Think Tank ECCO abbiamo evidenziato il rischio che questo inverno portasse di
nuovo a bollette elevate (così come avevamo previsto la repentina discesa dopo i
momenti più aspri della crisi, trainata dal calo dei consumi di gas). È
comunque vero quel che ha detto il ministro Fratin: con gli stoccaggi quasi pieni,
è verosimile che in assenza di altri eventi avversi il prezzo attuale sia già
il picco più alto dell’inverno in corso.
Riguardo alle
soluzioni per abbassare la bolletta, non credo sia utile stigmatizzare la
speculazione dei mercati futures (che sono naturalmente volatili e
servono proprio ad anticipare potenziali scarsità o eccedenze future del
prodotto contrattualizzato) anche se, certo, è importante vigilare contro abusi.
Nemmeno credo che un price cap sarebbe una soluzione efficiente, perché
a seconda di come lo si realizza può semplicemente spostare il costo su qualcun
altro rispetto al consumatore, o produrre rendite indesiderate, o ancora
portare a forme di razionamento più indesiderabili rispetto a un prezzo
temporaneamente alto. È quest’ultimo l’effetto descritto da Manzoni nei
Promessi Sposi sulla farina: se si impone un prezzo politico del pane che
ignora una scarsità oggettiva della materia prima, i forni restano vuoti. Ma anche
senza scomodare Manzoni, abbiamo visto come il price cap spagnolo, per
esempio, abbia portato i contribuenti iberici a pagare per esportare in Francia
elettricità da gas a prezzo politico durante periodi di scarsa disponibilità del
nucleare francese. Un effetto non desiderabile per gli spagnoli.
Quel che credo
invece serva è mettere urgentemente i consumatori di elettricità nelle
condizioni di non pagare il costo del gas se accedono a offerte 100%
rinnovabili, cosa che purtroppo non è ancora possibile. Come ECCO ha proposto
durante l’ultima audizione ARERA, è urgente che i consumatori elettrici possano
approvvigionarsi con contratti che escludano l’uso del gas anche per bilanciare
i propri consumi, per esempio con accumuli dedicati alla propria fornitura. In
altri termini: se a un cliente va bene continuare a esporsi alle crisi del gas –
per esempio perché installa di nuovo una caldaia a gas in fase di
ristrutturazione o perché compra elettricità generica – se ne assume le
conseguenze. Ma chi vuole proteggersi dalla prossima crisi del gas e ha
elettrificato ed efficientato i propri consumi e desidera accedere a contratti di
fornitura elettrica da sole rinnovabili è incomprensibile che non sia messo
nelle condizioni di emanciparsi completamente dal prezzo del gas a meno di
staccarsi dalla rete (che è una soluzione irrazionale perché troppo costosa).
Riguardo al prezzo
futuro: tornerà a scendere rispetto all’attuale, ma non ai livelli precedenti la
crisi, perché il gas liquefatto che arriva da nave costa di più del gas da
tubo. Inoltre, il prezzo continuerà a essere volatile e quindi pericoloso e avrà
una componente di costi fissi sempre più alta per ripagare l’inutile
infrastruttura che abbiamo costruito malgrado la riduzione strutturale dei
consumi.
In termini di fonti, dalla dipendenza dalla Russia siamo passati almeno in parte a quella dagli Stati Uniti, ormai principale esportatore mondiale, che di fatto hanno un ruolo crescente di price maker grazie alle decisioni unilaterali riguardo alla capacità di liquefazione che renderanno (o non renderanno) disponibile nel mar dei Caraibi. Abbiamo visto questo effetto già con la presidenza Biden, e non c’è da aspettarsi miglioramenti con le politiche protezionistiche annunciate da Trump.
Link
- L'articolo sul sito di Altreconomia: https://altreconomia.it/il-prezzo-del-gas-e-lurgenza-di-liberare-i-consumatori-elettrici-dal-rischio-del-metano/
Nessun commento:
Posta un commento