martedì 17 settembre 2013

D173 - Il punto sullo shale gas - Parte 3

Terza puntata di un ciclo dedicato agli idrocarburi non convenzionali e in particolare allo shale gas (gas di scisti). Abbiamo visto che negli Stati Uniti la produzione di gas non convenzionale è esplosa negli ultimi anni, portando a una contrazione delle importazioni, con effetti notevoli sui mercati internazionali non solo del gas, ma anche del carbone diventato più a buon mercato anche in Europa, con conseguenze ambientali negative.

Gli USA diventeranno quindi un esportatore di gas?

Se nel caso del petrolio la legge americana limita le esportazioni, per il gas non è così. Ciò che per ora vincola la possibilità USA di esportare gas sono le infrastrutture.
Il gas naturale si sposta o via tubo o via nave, liquefatto. Le navi per portare il gas USA in Asia o Europa ci sono, ma servono anche terminali di liquefazione, mentre gli USA oggi sono attrezzati con terminali di rigassificazione, cioè recettori, pensati per un Paese a cui serve importare.
Sono già partiti però investimenti per terminali di liquefazione. Quindi, se i giacimenti shale continueranno la tendenza di aumento della produzione (cosa niente affatto scontata come abbiamo visto anche l'ultima volta), è verosimile un futuro con navi metaniere che partono cariche dagli USA.

Torniamo ora agli aspetti ambientali legati alla tecnica del fracking, la fratturazione idraulica che permette l'estrazione degli idrocarburi di scisti.

Forse il principale aspetto critico riguarda il rischio di interazione dei liquidi del fracking – idrocarburo compreso – con le falde acquifere, cosa che secondo i critici e secondo studi della Duke University potrebbe essere alla base di alcuni video piuttosto impressionanti (cercare su youtube per credere) di massaie americane che incendiano con un fiammifero l'acqua del rubinetto di casa.
Sul Financial Times dello scorso 22 agosto, però, viene riportata l'opinione contraria di Susan Brantley, geologa alla Pennsylvania State University, secondo cui alla base dei fenomeni di rubinetti incendiari ci sarebbero sacche di non meglio specificato gas "biogenetico".
Su posizioni intermedie uno studio del MIT del 2011, che ritiene gestibili ma rilevanti i rischi ambientali del fracking, in particolare riguardo allo smaltimento improprio o alla dispersione dei fluidi di perforazione e all'eccessivo consumo di acqua.
Ancora più controversi sono i riscontri della comunità scientifica sui rischi sismici. Ma di questi parleremo martedì.

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