Mi godevo l’aria calda e relativamente secca del dicembre
vietnamita ma purtroppo respiravo anche chissà quanto inquinamento. Già, perché
quei milioni di scooter strombazzanti e occupati perlopiù da giovani in
maglietta erano pressoché tutti a combustione, manco fossimo a Roma. Non troppi
giorni prima invece ero in Cina, dove i motorini con motore tradizionale sono
ormai una rarità e credo proprio del tutto banditi dalle principali metropoli.
Ma torniamo a oggi. È sabato (mi riduco sempre al weekend
per fare Derrick, mannaggia a me) e ho letto poco fa sull’ultimo Economist un
articolo su come i produttori di auto cinesi si preparino in risposta ai dazi
statunitensi a esportare ancora di più tra l’altro in Russia, Europa (altri
dazi permettendo) e resto del SudEst asiatico. Ma quante delle auto cinesi
complessivamente esportate sono elettriche? Circa un quarto, scrive
l’Economist.
Insomma, quel che avevo notato con gli scooter, vale anche
con le auto: il leader mondiale dell’auto elettrica (che intende rimanerlo e ha
massicciamente investito per questo) esporta per ora soprattutto auto a
combustione anche poco fuori dai propri confini. Così com’è vero che la Cina,
che installa recentemente ogni anno sul suo territorio la maggioranza assoluta
della capacità di produrre elettricità verde del mondo intero, mantiene la
stessa leadership con le centrali a carbone.
La disponibilità di tecnologie avanzate – in questo caso
rispetto alla sostenibilità ambientale – come si vede non comporta
automaticamente la dismissione accelerata di quelle arretrate. Troviamo esempi
anche da noi: anche a causa di folli sussidi di retroguardia, oggi in Italia
gli stessi produttori di pompe di calore elettriche, più efficienti e pulite,
vendono e promuovono ancora le caldaie a gas.
Un paper dell’economista Hans Verner Sinn una quindicina
d’anni fa mostrò come la consapevolezza di norme future più stringenti in
termini di tassazione delle emissioni di CO2 renda razionale per le imprese
petrolifere accelerare, anticipandola, l’estrazione di idrocarburi.
Comportamenti economicamente sensati: fare soldi finché si
può con prodotti già sviluppati, in attesa che quelli nuovi coprano tutto il
mercato.
Le strategie intertemporali (razionali) dei soggetti
economici dunque possono portare a risultati indesiderabili rispetto alle
politiche, se queste ultime non sono abbastanza furbe da anticiparle. Restando
sulla tassazione delle emissioni dannose, economisti come la star dell’MIT
Daron Acemouglu sostengono che essa non basti a innescare una transizione
rapida ed efficiente senza la compresenza di altre norme più impositive, per
esempio standard tecnologici ambientali.
Il messaggio al legislatore è: se stai incentivando tecnologie future perché ne ritieni urgente l’adizione, forse dovresti anche pianificare l’uscita da quelle vecchie. Il perseverare anche in Italia di incentivi alle fonti fossili di energia, stabilmente più alti che a quelle verdi, non va in questa direzione.
Questa puntata si può ascoltare qui.
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