domenica 9 febbraio 2025

Il gas nell'era del protezionismo (Puntata 658 in onda l'11/2/25)

Torniamo a parlare di gas, perché nella prima settimana di febbraio 2025 sono state scritte e fatte cose rilevanti in materia. Intanto c’è Trump, che minaccia il mondo di dazi e nello stesso tempo si prepara a esportare più gas e petrolio, evidentemente senza considerare serio il rischio di contromosse a loro volta protezioniste dai Paesi colpiti (oppure solo per sondarne le reazioni e poi effettivamente decidere il da farsi). Nel caso della Cina una prima tranche di dazi è stata introdotta, e la reazione di Pechino ha visto nei giorni precedenti, saggi consigli da Xi Jinping a Trump in cui lo si invitava a tenere conto che i dazi fanno male a tutti, inclusi (anzi, spesso: soprattutto) coloro che li iniziano. Poi, a dazi introdotti, una reazione proprio sull’import cinese di idrocarburi statunitensi. Una mossa che probabilmente Pechino si può permettere perché non aderendo alle sanzioni al petrolio russo beneficia di prezzi scontati su questa fonte.

Il nostro ministro Urso in tutto questo ha dichiarato che “dovremmo guardare con attenzione al gas americano” e direi che stiamo già facendo di più: lo stiamo acquistando per alimentare i nuovi porti per le navi metaniere. In uno scenario però apparentemente contraddittorio in cui da un lato questi porti in Europa così come la capacità di trasporto via nave sono sottoutilizzati, dall’altro i prezzi del gas salgono. Un eccesso di capacità infrastrutturale a fronte invece di una relativa scarsità di gas.

Questo eccesso di capacità riguarda l’Europa in generale, malgrado nel 2024 si sia interrotta la tendenza di riduzione dei consumi. Anche in Germania solo una frazione minima del gas, rispetto al potenziale, è arrivata attraverso i nuovi rigassificatori galleggianti nel 2024. I contribuenti o pagatori di bollette tedeschi almeno possono consolarsi per il fatto che quelle navi-rigassificatrici sono state noleggiate, mentre la nostra attraccata a Piombino e l’altra di Ravenna le abbiamo, ahinoi, comprate.

Tra le analisi sull’eccesso di capacità di trasporto e ricezione di gas liquefatto segnalo rispettivamente Sissi Bellomo sul Sole 24 Ore del 1/2/25 e lo studio IEEFA pubblicato pochi giorni prima (link sotto).

Ma la situazione potrebbe diventare ancora più estrema se si avverasse uno scenario che di colpo sembra meno remoto rispetto a solo poche settimane fa: una riapertura dei flussi via tubo dalla Russia via Ucraina dopo la chiusura totale a inizio anno. Un’ipotesi considerata non da autori di fantapolitica ma dall’executive vice president di Equinor, la società petrolifera norvegese, in un’intervista a Laurence Walker di Montel del 5/2/25. Se si arrivasse a un armistizio, dice Irene Rummelhoff, è ragionevole che riprenderemmo a usare i tubi via Ucraina per 27 miliardi di metri cubi all’anno di gas russo verso l’Europa, il che spiazzerebbe ancor più quello liquefatto.

Si tratta di una prospettiva verosimile? Non lo so. Quel che, forse acrobaticamente, osservo è che con un Trump che si disimpegna nell’aiuto militare all’Ucraina e colpisce l’Europa coi dazi usare la leva del gas con Putin da parte dell’Europa potrebbe da un lato compensare la minor forza militare senza gli USA, dall’altro reagire ai dazi americani colpendo il gas del golfo del Messico, pardon: d’America.


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