domenica 6 aprile 2025

Dazi al gas di Trump? (Puntata 666 in onda l'8/4/25)

Illustrazione di Copilot
(che spiega la scritta "tatirri"
come un errore)
 

Questa puntata si può ascoltare qui.

Facciamo il punto sul mercato europeo e italiano del gas naturale approfittando di un eccellente articolo di Bruegel a firma Keliauskaité, Tagliapietra, Zachmann uscito il 2 aprile 2024 il cui link metto qui sotto.

Nel 2024 rispetto all’inizio della guerra l’Europa ha ridotto a 1/3 le importazioni di gas russo, malgrado l’aumento notevole di quelle via nave. Queste ultime peraltro sono le uniche in cui l’UE abbia introdotto un qualche tipo di sanzione, vietando da qualche tempo il transhipping di questo gas, cioè la possibilità di reinstradarlo verso mercati terzi. Questa limitazione riduce le possibilità della russa Gazprom di raggiungere mercati dell’Est non sufficientemente interconnessi da gasdotti in partenza dalla Siberia, e quindi dovrebbe essere un altro colpo ai bilanci già devastati di Gazprom.

Un’altra azione europea è stata all’inizio di quest’anno il non rinnovo dell’accordo di transito di gas russo sui gasdotti ucraini.

Tutto sommato un atteggiamento molto cauto da parte dell’Europa, sebbene (ma col senno di poi è facile dirlo) i numeri mostrino che l’abbondanza di infrastrutture e il calo dei consumi rispetto all’inizio della guerra avrebbero permesso di essere più duri con il gas russo senza aspettare, come di fatto è avvenuto, che fosse Mosca a chiudere perlopiù i rubinetti.

L’introduzione di sanzioni sul gas russo via tubo, tra l‘altro, come scrive Bruegel, aiuterebbe gli importatori europei a terminare unilateralmente contratti d’importazione di lungo termine con meno rischi di penali negli arbitrati che ne gestiscono le controversie.

Ma secondo Bruegel c’è un’alternativa più furba al bandire il gas russo o al limitarne le quantità con quote. E sono i dazi, un tema parecchio di moda recentemente.

I dazi non colpiscono solo l’esportatore, ma anche il consumatore del Paese che li impone, che perde una fonte competitiva di un bene. E il bilanciamento tra i due dipende dalle alternative di chi compra e di chi vende, e dai costi di chi vende. Se un esportatore non ha margini per abbassare il suo prezzo o ha alternative altrettanto remunerative per piazzare la merce, l’importatore del Paese che ha messo i dazi, se vuole ancora consumare quel bene importato, dovrà pagare un prezzo aggravato di gran parte del dazio. Ma se l’esportatore non ha validi mercati alternativi e ha ampi margini sui costi vivi di produzione, allora verosimilmente abbasserà lui il suo prezzo per difendere la quota di mercato. Secondo Bruegel, la Russia è in questa condizione per l’export di gas – soprattutto via tubo – in Europa, e quindi imporre tariffe potrebbe essere un’ottima sanzione, producendo un gettito per l’Europa senza rinunciare subito a gran parte della fornitura e senza aumentarne troppo il prezzo.

La riflessione che aggiungo io è: potremmo fare lo stesso con il gas liquefatto americano per rispondere ai dazi di Trump? Vediamo: negli USA il prezzo interno del gas è una frazione di quello eurasiatico, e il principale mercato alternativo, la Cina, ha addirittura rinunciato ad approvvigionarsi dagli USA.

Quindi ci sono margini per abbassare il prezzo e criticità nel trovare mercati alternativi. Di conseguenza sì: dazi sul gas di Trump potrebbero essere un’ottima idea. O almeno una minaccia efficace e credibile che l’imbarazzata Meloni potrebbe usare per ritrovare un po’ della sua sicurezza nei rapporti con gli USA.

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