Un articolo
del 7 gennaio scorso di Ferdinando Giuliano economista corrispondente del Financial Times commenta l’ultima
edizione del report semestrale Global Economic Prospects della Banca Mondiale,
che in un capitolo
analizza cause e possibili effetti del calo repentino del prezzo del petrolio
di questi mesi, e le possibili e auspicabili conseguenze di politica economica
e fiscale.
Il petrolio a buon mercato, dice la Banca Mondiale, è un’occasione per
rivedere la fiscalità dell’energia e i sussidi ai consumi di prodotti petroliferi,
perché il prezzo basso bilancia l’impatto negativo delle riforme su chi
beneficia dei sussidi. La Banca Mondiale già in passato ha scritto che i
sistemi di sussidi, anche in forma di fiscalità di vantaggio, ai consumi di
energia fossile comportano effetti negativi sia in termini di equità fiscale,
sia in termini di incentivi perversi contro l’efficienza energetica e l’innovazione.
La raccomandazione di usare questa congiuntura per ridurre i
sussidi alle fonti fossili (quantificati come gli ascoltatori di Derrick sanno dalla IEA a livello globale in circa 500 miliardi di dollari nel 2011) è coerente anche con dichiarazioni di Olivier
Blanchard, capo economista del Fondo Monetario Internazionale.
Una stima incompleta ma rigorosa dei
sussidi antiecologici in Italia si trova nel manifesto di #menoinquinomenopago
di Radicali Italiani e Legambiente reperibile sul sito di Radicali Italiani.
E restiamo dunque in Italia, dove la delega fiscale dell’anno
scorso prevedeva una revisione ecologica del fisco che non è mai partita (ma
che è ragionevole attendersi a marzo con il Green Act promesso da Renzi). Anzi in
Italia dal 2015 le imposte si sono spostate ancora di più dai consumi fossili
ai redditi.
Facciamo il caso di una famiglia che vive nel Lazio, monoreddito
da 36.000 €/anno con due figli e che usi l’auto per 20.000 km all’anno con consumi
diciamo di 1500 litri di gasolio per autotrazione. Dal 2015 avrà uno sconto
accise dell’ordine di 5 euro totali sui consumi di gasolio, e pagherà 360 euro
in più di tasse sul lavoro grazie all’incremento-monstre dell’IRPEF nel Lazio di
un punto percentuale secco (il caso più clamoroso di aumenti generalizzati delle
imposte regionali sul lavoro).
Zingaretti via twitter ha scritto che è un atto di equità
sociale. Io, come sapete, non sono d’accordo, credo che la cosa più equa che
potrebbero fare amministrazioni in bancarotta a causa del conto delle clientele
di anni e anni sarebbe fallire, e quindi almeno in parte non pagare quel conto,
anziché farlo pagare ai contribuenti e vantarsene pure.
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