martedì 3 marzo 2015

Il disegno di legge "concorrenza" e l'energia - D230-231

Il 20 febbraio 2015 il Consiglio dei Ministri ha licenziato il testo del disegno di legge “concorrenza” (qui nella versione poi licenziata dalla Camera). Un contenitore di misure pro concorrenza che un’altra legge dello Stato prevede come obbligo annuale per il Governo, obbligo invece fino a oggi sempre violato dagli esecutivi. Benvenuto disegno di legge, dunque.

Vediamo cosa c’è dentro per quanto riguarda l’energia, negli articoli dal 19 al 22.

Un punto importante è l’eliminazione delle tariffe standard di elettricità e gas dal 2018. Di che si tratta?

Dal 2007 tutti i clienti di luce e gas possono scegliere liberamente il fornitore. Ma quelli domestici (e le piccole imprese nel caso dell’elettricità) possono anche non scegliere e vedersi applicare una tariffa standard calcolata con metodi stabiliti dall’Autorità per l’Energia, dal nome un po’ fuorviante di “maggior tutela” o “tutela”.

Se questa tariffa sia considerabile di mercato oppure amministrata c’è differenza di vedute tra gli addetti ai lavori. Da un lato infatti la componente della tariffa di tutela legata all’approvvigionamento dell’energia risente dei prezzi nei mercati all’ingrosso, dall’altro l’esistenza di un riferimento di prezzo istituzionale è causa distorsioni al mercato, come ripete la Commissione UE  nella recente comunicazione sullo stato dell'unione energetica del 25 febbraio.

Come abbiamo visto qui a Derrick, scegliere il fornitore di energia può costare a un piccolo consumatore più fatica di quanti risparmi possa dare. D’altra parte questo è proprio il lavoro del consumatore in un’economia di mercato, un lavoro che porta all’utile conseguenza di costringere i fornitori a un continuo confronto e miglioramento.

A questo punto immagino la domanda:
questa tariffa di riferimento fino a ora si è rivelata conveniente o no rispetto alle offerte di mercato?

Rispondere non è facile. Perché il mercato esprime tantissime offerte che si differenziano per scaglioni di prezzo, formule di prezzo fisso o variabile, servizi aggiuntivi vari.
È certo che le proposte commerciali che sono strutturate in modo da essere confrontabili con la tariffa di tutela sono in grado di fare sconti minimi. Perché la parte della bolletta che copre gli acquisti di energia, quella su cui c’è la concorrenza, vale meno della metà del conto totale. Il resto sono oneri stabiliti in modo amministrato.

Le associazioni dei consumatori e la stessa Autorità dell’energia sono sembrati alleati nella loro contrarietà alla fine del prezzo di riferimento, che in bozze precedenti del DDL sembrava di imminente eliminazione e che invece come abbiamo visto è stata rimandata al 2018.
L’Autorità dice che il cliente finale di piccole dimensioni in molti casi non è ancora attrezzato a scegliere, mentre un gruppo di associazioni di consumatori, in una lettera congiunta al Governo, hanno lamentato che allo stato delle cose la fine della tariffa di riferimento darebbe un sacco di clienti in pasto a operatori di mercato, tra cui quelli più forti (cioè con grosse quote di mercato o attivi in vari pezzi della filiera energetica) sarebbero in grado di imporre prezzi più alti.

In altri termini, c'è preoccupazione per ciò che potrebbe succedere in prossimità della scadenza. In che modo i clienti in precedenza passivi sarebbero obbligati a scegliere? Ci sarebbero dei vantaggi anticompetitivi da parte di alcuni fornitori nell’accaparrarseli?

Per rispondere a quest’ultima domanda serve un po’ di storia, anche se trita per gli ascoltatori fedeli di Derrick.
Con la liberalizzazione dell’energia in tutta Europa si è distinto tra attività destinate a restare in monopolio (perché gestibili così in modo più efficiente a causa della loro struttura di costi) e altre invece da mettere in concorrenza. La gestione delle reti locali, quelle che collegano il sistema elettrico alle case, è un’attività in monopolio, per la quale dovrebbero vigere di tanto in tanto gare di assegnazione della concessione (cosa che però nel gas, dove l’autorità concedente sono i Comuni, è stata per l’ennesima volta scandalosamente rimandata con il Milleproroge appena approvato).
La vendita dell’energia che passa nelle reti, invece, è in concorrenza.

Due ruoli, venditore e distributore, che nel passato venivano entrambi svolti (in monopolio) dalla stessa azienda. Oggi invece visto il diverso assetto le norme prevedono forme di separazione delle imprese prima integrate, che non arrivano però a rendere davvero indipendenti le due funzioni né in termini di accesso alle informazioni né di politiche di marchio. La separazione del marchio, in realtà, è prevista in una legge del 2011 perlopiù violata.

Un problema, quindi, con la fine delle tariffe di tutela, è che l’ex venditore monopolista, che tuttora è troppo integrato con l’azienda sorella che gestisce la rete locale, e che nell’elettricità è anche il fornitore in monopolio della tutela, ha un vantaggio in termini di informazioni e di conoscibilità da parte del cliente (che di fatto è già suo) tale da poter facilmente portarlo sul cosiddetto mercato libero tenendolo sempre con sé.

Ci sono però azioni fattibili per rendere la transizione al mercato il più concorrenziale possibile (e quindi vantaggiosa per i clienti), e lo stesso disegno di legge le cita affida a Governo e Autorità per l’energia la loro realizzazione.
Le principali azioni opportune a mio parere sono:
- Informare i clienti meno competenti su come funziona il mercato di elettricità e gas.
-  Far rispettare e rendere più stringenti le norme sulla separazione tra società di distribuzione monopoliste e quelle di vendita appartenenti allo stesso gruppo.

I prezzi, certo, devono essere controllati dalle autorità, ma non fissati, pur con un riferimento a indici di mercato.
Infatti: per quale diavolo di motivo un cittadino adulto è reputato in grado di comprare la quota di un fondo di investimento, il pane o il latte, un conto corrente, un’auto, i servizi telefonici, un’assicurazione senza che debbano esserci prezzi di riferimento, ma non l’energia?

Non dovrebbero bastare anche nell’energia garanzie in termini di vigilanza antitrust e di settore sul corretto comportamento commerciale, produttivo e competitivo dei fornitori?

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