Il 20 febbraio 2015 il Consiglio dei Ministri
ha licenziato il testo del disegno di legge “concorrenza” (qui nella versione poi licenziata dalla Camera). Un contenitore di misure pro concorrenza che un’altra legge dello Stato
prevede come obbligo annuale per il Governo, obbligo invece fino a oggi sempre
violato dagli esecutivi. Benvenuto disegno di legge, dunque.
Vediamo cosa c’è
dentro per quanto riguarda l’energia, negli articoli dal 19 al 22.
Un punto importante è l’eliminazione delle tariffe standard
di elettricità e gas dal 2018. Di che si tratta?
Dal 2007 tutti i clienti di luce e gas possono scegliere
liberamente il fornitore. Ma quelli domestici (e le piccole imprese nel caso
dell’elettricità) possono anche non scegliere e vedersi applicare una tariffa standard
calcolata con metodi stabiliti dall’Autorità per l’Energia, dal nome un po’
fuorviante di “maggior tutela” o “tutela”.
Se questa tariffa sia considerabile di mercato oppure
amministrata c’è differenza di vedute tra gli addetti ai lavori. Da un lato
infatti la componente della tariffa di tutela legata all’approvvigionamento
dell’energia risente dei prezzi nei mercati all’ingrosso, dall’altro
l’esistenza di un riferimento di prezzo istituzionale è causa distorsioni al mercato, come ripete la Commissione UE nella recente comunicazione sullo stato dell'unione energetica del 25 febbraio.
Come abbiamo visto qui a Derrick, scegliere il fornitore di
energia può costare a un piccolo consumatore più fatica di quanti risparmi
possa dare. D’altra parte questo è proprio il lavoro del consumatore in
un’economia di mercato, un lavoro che porta all’utile conseguenza di
costringere i fornitori a un continuo confronto e miglioramento.
A questo punto immagino la domanda:
questa tariffa di riferimento fino a ora si è rivelata conveniente o no rispetto alle offerte di mercato?
questa tariffa di riferimento fino a ora si è rivelata conveniente o no rispetto alle offerte di mercato?
Rispondere non è facile. Perché il mercato esprime tantissime offerte che si differenziano per scaglioni di prezzo, formule di prezzo fisso o variabile, servizi aggiuntivi vari.
È certo che le proposte commerciali che sono strutturate in modo da essere confrontabili con la tariffa di tutela sono in grado di fare sconti minimi. Perché la parte della bolletta che copre gli acquisti di energia, quella su cui c’è la concorrenza, vale meno della metà del conto totale. Il resto sono oneri stabiliti in modo amministrato.
Le associazioni dei consumatori e la stessa Autorità
dell’energia sono sembrati alleati nella loro contrarietà alla fine
del prezzo di riferimento, che in bozze precedenti del DDL sembrava
di imminente eliminazione e che invece come abbiamo visto è stata rimandata al
2018.
L’Autorità dice che il cliente finale di piccole dimensioni
in molti casi non è ancora attrezzato a scegliere, mentre un gruppo di associazioni di
consumatori, in una lettera congiunta al Governo, hanno lamentato che allo
stato delle cose la fine della tariffa di riferimento darebbe un sacco di
clienti in pasto a operatori di mercato, tra cui quelli più forti (cioè con
grosse quote di mercato o attivi in vari pezzi della filiera energetica) sarebbero
in grado di imporre prezzi più alti.
In altri termini, c'è preoccupazione per ciò che potrebbe succedere in
prossimità della scadenza. In che modo i clienti in precedenza passivi
sarebbero obbligati a scegliere? Ci sarebbero dei vantaggi anticompetitivi da
parte di alcuni fornitori nell’accaparrarseli?
Due ruoli, venditore e distributore, che nel passato venivano entrambi svolti (in monopolio) dalla stessa azienda. Oggi invece visto il diverso assetto le norme prevedono forme di separazione delle imprese prima integrate, che non arrivano però a rendere davvero indipendenti le due funzioni né in termini di accesso alle informazioni né di politiche di marchio. La separazione del marchio, in realtà, è prevista in una legge del 2011 perlopiù violata.
Per rispondere a quest’ultima domanda serve un po’ di storia,
anche se trita per gli ascoltatori fedeli di Derrick.
Con la liberalizzazione dell’energia in tutta Europa si è distinto tra attività destinate a restare in monopolio (perché gestibili così in modo più efficiente a causa della loro struttura di costi) e altre invece da mettere in concorrenza. La gestione delle reti locali, quelle che collegano il sistema elettrico alle case, è un’attività in monopolio, per la quale dovrebbero vigere di tanto in tanto gare di assegnazione della concessione (cosa che però nel gas, dove l’autorità concedente sono i Comuni, è stata per l’ennesima volta scandalosamente rimandata con il Milleproroge appena approvato).
La vendita dell’energia che passa nelle reti, invece, è in concorrenza.
Con la liberalizzazione dell’energia in tutta Europa si è distinto tra attività destinate a restare in monopolio (perché gestibili così in modo più efficiente a causa della loro struttura di costi) e altre invece da mettere in concorrenza. La gestione delle reti locali, quelle che collegano il sistema elettrico alle case, è un’attività in monopolio, per la quale dovrebbero vigere di tanto in tanto gare di assegnazione della concessione (cosa che però nel gas, dove l’autorità concedente sono i Comuni, è stata per l’ennesima volta scandalosamente rimandata con il Milleproroge appena approvato).
La vendita dell’energia che passa nelle reti, invece, è in concorrenza.
Due ruoli, venditore e distributore, che nel passato venivano entrambi svolti (in monopolio) dalla stessa azienda. Oggi invece visto il diverso assetto le norme prevedono forme di separazione delle imprese prima integrate, che non arrivano però a rendere davvero indipendenti le due funzioni né in termini di accesso alle informazioni né di politiche di marchio. La separazione del marchio, in realtà, è prevista in una legge del 2011 perlopiù violata.
Un problema, quindi, con la fine delle tariffe di tutela, è
che l’ex venditore monopolista, che tuttora è troppo integrato con l’azienda
sorella che gestisce la rete locale, e che nell’elettricità è anche il
fornitore in monopolio della tutela, ha un vantaggio in termini di
informazioni e di conoscibilità da parte del cliente (che di fatto è già suo) tale
da poter facilmente portarlo sul cosiddetto mercato libero tenendolo sempre con
sé.
Ci sono però azioni fattibili per rendere la transizione al
mercato il più concorrenziale possibile (e quindi vantaggiosa per i clienti), e
lo stesso disegno di legge le cita affida a Governo e Autorità per l’energia la
loro realizzazione.
Le principali azioni opportune a mio parere sono:
Le principali azioni opportune a mio parere sono:
- Informare i clienti meno competenti su come
funziona il mercato di elettricità e gas.
- Far rispettare e rendere più stringenti le norme
sulla separazione tra società di distribuzione monopoliste e quelle di vendita appartenenti
allo stesso gruppo.
I prezzi, certo, devono essere controllati dalle autorità, ma non fissati, pur con un riferimento a indici di mercato.
Infatti: per quale diavolo di motivo un cittadino adulto è reputato in grado di comprare la quota di un fondo di investimento, il pane o il latte, un conto corrente, un’auto, i servizi telefonici, un’assicurazione senza che debbano esserci prezzi di riferimento, ma non l’energia?
Non dovrebbero bastare anche nell’energia garanzie in termini di vigilanza antitrust e di settore sul corretto comportamento commerciale, produttivo e competitivo dei fornitori?
I prezzi, certo, devono essere controllati dalle autorità, ma non fissati, pur con un riferimento a indici di mercato.
Infatti: per quale diavolo di motivo un cittadino adulto è reputato in grado di comprare la quota di un fondo di investimento, il pane o il latte, un conto corrente, un’auto, i servizi telefonici, un’assicurazione senza che debbano esserci prezzi di riferimento, ma non l’energia?
Non dovrebbero bastare anche nell’energia garanzie in termini di vigilanza antitrust e di settore sul corretto comportamento commerciale, produttivo e competitivo dei fornitori?
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