L’ultima volta abbiamo parlato di riforma delle tariffe elettriche di
contribuzione agli oneri generali di sistema, e abbiamo visto che si pagherà più in base alla dimensione del collegamento alla rete che ai consumi.
E se io mi stacco dalla rete? Posso risparmiare? Domanda che
gli ascoltatori di Derrick si fanno (e mi fanno) sempre più spesso.
Per rispondere ci è prezioso uno studio dell’RSE, l’istituto
pubblico di ricerca energetica già altre volte ospitato qui a Derrick, che
confronta, per alcune tecnologie oggi disponibili, il costo dell’energia
acquistata dalla rete alle attuali tariffe di riferimento domestiche con quello
che si avrebbe producendo (e stoccando) energia elettrica da soli, in totale
autarchia.
Lo studio integrale non è ancora pubblicato ma Derrick ne ha preso
visione, e ce ne parla Luigi Mazzocchi (ingegnere, direttore del dipartimento tecnologie
di generazione e materiali di RSE SpA):
Mazzocchi, l’abbiamo sentito, ci ha spiegato che per ora ai consumatori domestici staccarsi non conviene, se non a clienti con consumi molto al disopra di quelli di una famiglia normale. Il maggior costo rispetto a comprare dalla rete potrebbe però essere ridotto non solo dai miglioramenti tecnologici, ma anche dall’eventuale peggioramento delle bollette in caso di aumento ulteriore degli oneri parafiscali. Come dicevamo la volta scorsa, questo è un punto fondamentale: una buona parte dell’incentivo all’autarchia viene non dal livello dei costi di una simile scelta, ma dalla possibilità di non pagare la parafiscalità delle bollette (costi evitati).
Comuni energetiche: quanta autonomia avrebbero?
Mi scrive Lorenzo Busciglio, sindaco di Beinette in provincia di Cuneo, che chiede se
sia immaginabile il distacco dalla rete elettrica nazionale di un’intera
comunità locale.
Domanda non facile e riguardo alla quale occorrono dei
distinguo: per servire una comunità locale di clienti elettrici occorre una
rete di distribuzione su cui i venditori di energia possano farla transitare. La
gestione di questa rete (cioè l’attività di distribuzione) è affidata per legge
in concessione dal Governo e poi regolata dalle norme di settore dell’Autorità
per l’Energia. Concessione che quindi la comunità, se volesse essere autonoma,
dovrebbe acquisire, sostituendosi nell’area interessata al concessionario uscente
non si sa bene come, visto che nuove gare di affidamento non sono all’orizzonte.
E non ritengo che il semplice fatto di non essere collegati
alla rete di trasmissione nazionale (cioè il fatto di autoprodursi e stoccarsi
l’energia) permetta a una rete locale di considerarsi estranea alle norme sulla
distribuzione elettrica. Infatti anche le isole non interconnesse con il
continente sono oggi concessionarie del servizio di distribuzione locale (anche
se lo operano in deroga a molte delle regole di assetto di mercato che valgono
nelle grandi reti locali interconnesse).
Potrebbe essere diverso il caso di una vera comune
energetica ad isola: cioè di un unico soggetto che produca e porti energia a
vari punti di consumo su una propria rete non collegata ad altre e senza
vendere o misurare l’energia. In altri termini: se un comune producesse e
fornisse energia ai suoi cittadini senza un corrispettivo ma ripagandosi con le
tasse, sarebbe trattato come un distributore elettrico dalle norme? Forse no.
Qualità dell'autofornitura
Tornando al caso di un singolo cliente, abbiamo visto la
volta scorsa che l’autonomia costa per ora di più. Ma costi a parte, un sistema
autonomo di generazione e stoccaggio di elettricità garantisce la stessa
affidabilità? Di sicuro è più complicato e impegnativo avere questi apparecchi
in casa che essere un semplice cliente del sistema elettrico.
Sentiamo su questo ancora Luigi Mazzocchi:
Fascino dell'autonomia e rifiuto del mercato?
A me sembra che in questo desiderio diffuso di autonomia energetica ci sia anche una componente per così dire sentimentale: voglia di libertà e autonomia, e anche po’ di avversione (forse ingenua) per le transazioni economiche esplicite e intermediate, come se invece il baratto e l’autonomia ci rendessero più puri. Razionale o no, però, una cosa è abbastanza certa: l’autonomia energetica è già fattibile, e tra qualche anno potrebbe diventare abbordabile.
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