Nell’ambito del 7°
Programma Europeo d’Azione per l’ambiente, la Commissione UE (direzione
generale ambiente) ha diffuso il 3 febbraio 2017 una relazione
sull’attuazione delle politiche ambientali a cui l’Italia è impegnata da norme
e accordi europei. Si tratta di una relazione che copre tra gli altri gli
ambiti della gestione dei rifiuti, del suolo e del rischio idrogeologico, dell’utilizzo
efficiente delle risorse naturali, della protezione della qualità dell’aria e
della sostenibilità della vita in città. Il documento suggerisce anche alcune
politiche efficaci secondo gli estensori per perseguire gli obiettivi non
raggiunti.
Vediamo alcuni dei punti.
Riguardo alle performance italiane, un indicatore di come la cosiddetta economia
circolare stenti in Italia sono i dati sulla differenziazione della raccolta
dei rifiuti, settore in cui il nostro Paese nel 2014 era ancora lontano dall’obiettivo
del 50% cui eravamo impegnati per il 2009, con il nord che pur facendo meglio
della media era ancora a sua volta lontano dall’obiettivo del 2011. Quale
politica potrebbe aiutarci secondo la DG Ambiente? Una tassa sui rifiuti
conferiti in discarica, e il favorire la collaborazione tra Regioni, quest’ultimo
punto opposto a quanto spesso prescrivono le nostre norme regionali.
Uso del suolo: l’Italia
nel 2012 era il 4° paese più costruito dell’UE, il che è abbastanza
impressionante se pensiamo che in Europa ci sono anche città-Stato
densissimamente abitate, e con un consumo di suolo (cioè di nuovo suolo reso
artificiale) dello 0,37% all’anno nel periodo 2006-2012.
Aria. Sapete quant’è secondo gli studi usati dalla Commissione il valore economico del danno da esposizione a inquinanti dell’aria, soprattutto in zone urbane, in Italia (nettamente peggiore che nella media UE)? 47 miliardi di Euro 2010. E non è solo l’inquinamento il problema delle nostre città, che sono messe molto male anche in termini di danni da traffico congestionato per tempo e reddito persi (numeri alla mano, l’Italia può ritenersi un Paese nettamente sottosviluppato per abnorme diffusione di auto private e scarso uso di trasporto pubblico urbano).
Come ovviare? I segnali
economici sono lo strumento più sensato per la Commissione, che ci consiglia un’imposizione
fiscale che stimoli comportamenti più virtuosi. 20 miliardi all’anno è quanto
si potrebbe recuperare riparametrando le imposte ambientali (che secondo la definizione internazionale, che include per esempio il bollo auto, sono già relativamente alte rispetto alla media UE) per restituirle ai
redditi da lavoro e rilanciare l’economia, di cui circa 9 arriverebbero solo
dall’armonizzazione delle tasse dei carburanti nei trasporti. Una tassa per l’estrazione
dell’acqua potrebbe valerne quasi 5, e anch’essa incentiverebbe comportamenti
virtuosi.
Vi ricorda qualcosa
questa ricetta? Sono gl’interventi proposti da Radicali Italiani e Legambiente
già 3 anni fa con #Menoinquinomenopago e in parte previsti nella delega fiscale approvata
dal Parlamento nel 2014 e mai attuata dagli esecutivi.
Quando il governo non trova risorse per abbassare le tasse sul lavoro, o quando per anni non è in grado di fare nemmeno un documento programmatico sull’ambiente, beh, sta di fatto proteggendo rendite che danneggiano la bellezza e salubrità del nostro patrimonio naturale e che danneggiano il potenziale innovativo della nostra economia.
Quando il governo non trova risorse per abbassare le tasse sul lavoro, o quando per anni non è in grado di fare nemmeno un documento programmatico sull’ambiente, beh, sta di fatto proteggendo rendite che danneggiano la bellezza e salubrità del nostro patrimonio naturale e che danneggiano il potenziale innovativo della nostra economia.
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