È arrivata la sentenza di
primo grado sulle responsabilità del disastro ferroviario di Viareggio, dove
nella notte del 29 giugno 2009 in seguito a un guasto al carrello di un vagone
merci e al conseguente ribaltamento di un serbatoio di gas di petrolio si
sviluppò un incendio che si estese al difuori dell’area dei binari e causò
oltre 30 morti e sconvolse la vita di molte famiglie della zona.
Le condanne in primo
grado colpiscono esponenti dell’azienda proprietaria dei vagoni affittati alle
ferrovie italiane, della stessa Trenitalia e di RFI, la società che gestisce la
rete ferroviaria italiana, proprietà del gruppo Ferrovie dello Stato.
Tra i condannati,
l’attuale AD di Leonardo, Finmeccanica, Mauro Moretti, ai tempi dell’incidente
amministratore delegato delle ferrovie.
Le motivazioni della
sentenza per ora non sono note, e Derrick si impegna, grazie a consulenti in
grado di aiutarlo, a leggerle quando ci saranno.
Nel frattempo sono stato
molto colpito da un articolo apparso su Repubblica mercoledì 1 febbraio 2017, in cui
si riportano virgolettati del procuratore di Lucca, Pietro Suchan e del PM
Salvatore Giannino. A quest’ultimo Repubblica attribuisce la frase: “Questa
sentenza pone al centro la sicurezza e non più il profitto”. E ancora
“L’incidente è nato da un errore, ma se quell’errore ha generato un disastro è
perché il sistema era orientato al profitto e non alla sicurezza”.
Apparso su Repubblica il 1/2/2017 |
Ma cosa c’entra il profitto? Mi chiedo io. Io mi aspetto che i giudici abbiano indagato la violazione di norme sulla sicurezza o delle prestazioni stabilite dai contratti di servizio nelle diverse aziende coinvolte. Ma non mi aspetto assolutamente che si occupino di stabilire la primazia morale tra sicurezza e profitto. Se non altro, perché è una dicotomia faziosa: il diritto alla sicurezza in che modo dovrebbe essere perseguito tenendo conto della sua concorrenza con il perseguimento del profitto? Se FS fosse ancora l’azienda-carrozzone che perdeva soldi pubblici, allora un livello di sicurezza basso ma perseguito più efficacemente del profitto sarebbe accettabile?
Se è vero che la nostra
Costituzione subordina agli interessi del bene comune l’iniziativa
imprenditoriale (che “non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in
modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”), dice
anche che è “la legge” che “determina i programmi e i controlli opportuni
perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e
coordinata ai fini sociali”. Ora, per quanto il passaggio sia sibillino in quel
riferimento vago ai “fini sociali”, se è la legge che introduce i limiti –
anche in favore della sicurezza - all’attività d’impresa, non dovrebbe essere
una sentenza a farlo, se non in applicazione di quella stessa legge, no?
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