In un bell’articolo sul
Fatto Quotidiano del 17 settembre 2017 Fabio Balocco si chiede come mai le
costruzioni abusive ottengano di solito l’allacciamento a utenze come luce, gas
e acqua quando le norme invece, almeno per gli immobili che abbiano chiesto l’allaccio
negli anni recenti, lo vietino. E ipotizza che sia un difetto degli
amministratori pubblici, e in particolare dei sindaci, a portare a non
comunicare ai fornitori l’illegittimità dell’immobile e quindi delle forniture.
Gli abusi "di necessità"
Probabilmente, aggiungo
io, c’è anche la diffusa convinzione (che come Balocco trovo anch’io abnorme) che
l’abuso edilizio non sia abbastanza grave da dover renderne davvero
inutilizzabile il frutto. Convinzione che produce concetti come l’”abuso di
necessità” che abbiamo sentito in qualche caso invocare per esempio dopo il
terremoto di Casamicciola dell’agosto scorso 2017.
Una casa a Marsiglia (Foto di Derrick, 2007) |
In applicazione al furto, lo stesso codice dice che la necessità deve corrispondere a un “grave e urgente bisogno”, la sussistenza del quale, secondo quanto ha chiarito la Cassazione, non può essere determinata da una semplice condizione di indigenza. La stessa Cassazione di recente ha stabilito che un allaccio abusivo all’elettricità non è furto per necessità perché la rinuncia alla fornitura elettrica non comporta un pericolo grave e immediato per la persona.
La giurisprudenza dunque sembra limitare enormemente le depenalizzazioni dell’accesso fraudolento all’elettricità. Ma il principio che l’energia sia un bene a cui la società debba garantire un accesso facilitato indipendentemente dalle condizioni di reddito è nell’ordinamento, anche nella legislazione europea, e comporta anche conseguenze di redistribuzione economica all’interno delle bollette.
Le tutele ai clienti vulnerabili dell'energia
La vulnerabilità indica una
condizione di potenziale incapacità di perseguire con efficacia i propri
interessi di consumatore, e può giustificare forme di aiuto e di tutela che per
esempio in Italia includono una tariffa standard controllata dall’Autorità di
settore per i piccoli clienti che non vogliano scegliere sul mercato, prevista
ancora fino a metà 2019 stando alla legge concorrenza, ma anche forme di
standardizzazione e semplificazione delle bollette, nel tentativo spesso non
riuscito di renderle più esplicative e, in futuro, obbligo di inclusione
nell’offerta di ogni venditore di tariffe con strutture standard, per
facilitarne il confronto tra operatori.
(In realtà le bollette
suscitano spesso equivoci anche molto gravi. Uno che mi è stato più volte
segnalato riguarda la voce relativa a “trasporto e gestione del contatore”
nelle bollette elettriche. Dove trasporto non si riferisce al contatore ("quanto diavolo è costato portarmi il contatore?"), ma
alla gestione della rete che porta a casa l’energia).
Regole come quelle che ho
citato dovrebbero ridurre per i clienti “vulnerabili” il rischio di sorprese o
clausole vessatorie, senza nel contempo comprimere troppo la libertà dei fornitori
di proporre soluzioni innovative.
Qualche volta però queste limitazioni comportano perdita di opportunità per tutti. Per esempio in Italia nessun fornitore può legare un cliente domestico per un periodo anche solo di pochi mesi, nemmeno prevedendo una piccola penale di uscita. Il che impedisce ai clienti stessi di avvantaggiarsi di offerte che sarebbero possibili grazie alla minore incertezza che una fedeltà pattuita conferisce alla fornitura.
Qualche volta però queste limitazioni comportano perdita di opportunità per tutti. Per esempio in Italia nessun fornitore può legare un cliente domestico per un periodo anche solo di pochi mesi, nemmeno prevedendo una piccola penale di uscita. Il che impedisce ai clienti stessi di avvantaggiarsi di offerte che sarebbero possibili grazie alla minore incertezza che una fedeltà pattuita conferisce alla fornitura.
La povertà energetica
Ancora più critiche mi sembrano le norme di contrasto
alla povertà energetica, che forse nascondono un clamoroso errore del legislatore.
Infatti, se non c’è dubbio che la povertà sia una condizione di cui i sistemi
fiscali e di welfare debbano tener conto, declinarla in termini di accesso a
singoli beni crea almeno due controindicazioni:
- Implica un notevole paternalismo dirigista, stile tessera annonaria, in cui lo Stato decide quali acquisti devono essere facilitati a un povero e quali no. (Perché se sono povero mi assegni un caffè al giorno se a me piace il tè?, assicurati piuttosto che abbia i soldi per uno o l’altro)
- Produce una proliferazione normativa caotica e la sovrapposizione di sistemi di welfare autonomi difficilmente integrabili. Che costringono lo stesso consumatore a documentare la propria situazione reddituale o patrimoniale più volte per accedere, magari con criteri diversi, a sconti in diversi settori, e rendono più facile l'elusione delle norme.
Link utili:
- Blog di Fabio Balocco con l'articolo citato http://www.ilfattoquotidiano.it/blog/fbalocco/
- Bruno Paolo Amicarelli su RiEnergia approfondisce il tema energy poverty nell'ordinamento: http://rienergia.staffettaonline.com/articolo/32917/Il+minimo+vitale+dell%E2%80%99energia+non+comprende+%C2%ABagi+e+opportunit%C3%A0%C2%BB/Amicarelli
Nessun commento:
Posta un commento