lunedì 23 marzo 2020

Didattica online (Puntata 431 in onda il 24/3/20)

Il tema della didattica online su Radio Radicale è affrontato in questo periodo in modo estensivo nell’imperdibile rubrica domenicale Media e Dintorni di Targia e Fleischner, e anche io vorrei contribuire qui con una testimonianza basata sulla mia esperienza presso un ateneo, il Suor Orsola Benincasa di Napoli che, come tutti, ha dovuto nel giro di pochi giorni convertire il programma di lezioni, esami, ricevimento in lavoro online. Per farlo si è creata una comunità di docenti e tecnici che si connette in videoconferenza ogni sera per scambiarsi competenze, impressioni, esperienze, consigli sotto il coordinamento della manager didattica Natascia Villani.
L’eterogeneità di formazione e attitudini all’interno di questa comunità rende ancor più interessanti le sinapsi che si creano, un po’ come in un cervello che costruisce nuovi circuiti per aggirare quelli divenuti inservibili. Per saperne di più, mi fa piacere avere ai microfoni di Derrick il rettore dell’Università Suor Orsola Benincasa, Lucio D’Alessandro, che ringrazio:


Nel caso di questo ateneo, e di moltissimi altri istituti di istruzione, la piattaforma utilizzata è quella di Google per l’istruzione, che include in una versione ampliata strumenti già disponibili gratis a chiunque abbia un account Google, tra cui un modulo specifico per l’istruzione chiamato Classroom, un ambiente che favorisce lo scambio tra docente e studenti e che rende anche possibile somministrare test o sondaggi in modo facilitato. Su questo mi sono divertito a fare un tutorial il cui link è qui sotto.

Certo, c’è da chiedersi cosa impedisse all’Italia o all’Europa di sviluppare simili strumenti in casa. Ma ciò non può essere oggetto di questa puntata ed è anche tardi chiedercelo oggi che il vantaggio di queste piattaforme è probabilmente diventato incolmabile da parte di concorrenti sul mercato in assenza di interventi di regolamentazione. Un mare di dati e di informazioni che oggi non hanno, o hanno parzialmente, lo status di bene pubblico.
Detto questo, mi chiedo se in tempi di emergenza non avrebbe senso da parte del Governo chiedere aiuto a Google anche per monitorare gli assembramenti causa di contagio per evitare, quando sono evitabili, prescrizioni punitive e più dannose per l’economia e la libertà. Non sarebbe certo con un’applicazione di monitoraggio degli assembramenti che cederemmo per la prima volta a un gigante della Silicon Valley i nostri dati di posizione e identità.


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