lunedì 21 settembre 2020

Relazione annuale ARERA 2020 e mercato dell'energia in mezzo al guado (Puntata 453 in onda il 22/9/20)

Si è svolta la relazione annuale dell’ARERA, l’Autorità indipendente di vigilanza e regolazione dell’energia (e di altro). Gli organi di informazione ne hanno tratto alcuni messaggi principali, tra cui uno a mio avviso molto distorto, riguardo al fatto che il mercato costerebbe più del non mercato, dove quest’ultimo viene fatto coincidere con le tariffe regolate di “maggior tutela”.

La transizione al mercato nelle vendite di energia al dettaglio è tutt’ora rallentata dall’esistenza di un’opzione regolata (ma basata su parametri di mercato per la parte dei costi della materia prima – il che rende di per sé scorretto dire che essa rappresenti il non-mercato) disponibile a clienti domestici e piccole aziende. Il suo nome, “maggior tutela”, sembra suggerire che al di fuori di essa (cioè nel cosiddetto “mercato libero”) le tutele siano inferiori. Una presunta dicotomia incoerente col fatto che la stessa Autorità in realtà vigila affinché tutti gli operatori siano corretti nelle loro interazioni e impone la disponibilità di simili tariffe standard anche sul cosiddetto mercato libero.

La maggior tutela, inoltre, ha ritardi nel rispecchiare i costi di mercato dell’energia sottesa che fanno sì che strutturalmente tenda a essere più cara delle offerte di mercato quando le aspettative di prezzo scendono e più economica quando salgono, visto che gran parte delle offerte di mercato hanno prezzo fisso per almeno un anno. Questo è facilmente visibile nel grafico per cui ringrazio Selectra e Staffetta Quotidiana, dove si vede anche che sul mercato esistono tariffe sia più basse sia più alte della “maggior tutela”.

Andamento recente del prezzo elettrico di "maggior tutela",
del prezzo all'ingrosso, dell'indice Selectra sui prezzi al dettaglio
sul mercato e dei prezzi più alti e più bassi sul mercato

L’aspetto strutturalmente più dannoso di questa liberalizzazione a metà è che gli unici rivenditori ammessi a vendere la “maggior tutela” per l’energia elettrica sono i monopolisti locali storici. Per queste forniture essi si devono approvvigionare presso un’azienda pubblica, l’Acquirente Unico, che secondo il mandato iniziale avrebbe dovuto compiere quest’attività in monopolio temporaneamente.

Invece il meccanismo è stato via via prorogato, al momento fino al 2022 per clienti domestici e microimprese, e una volta ancora ci sono politici che invocano ulteriori proroghe.

In effetti gran parte di essi e delle associazioni dei consumatori non hanno spinto per il completamento dell’introduzione della concorrenza nel mercato al dettaglio dell’energia, percependo il rischio di un “salto nel buio” che in realtà non è affatto tale in presenza delle tutele che abbiamo descritto. A ben vedere, però, uno strumento di garanzia in effetti manca: l’informazione ai clienti, ancora molto carente e che mostra in questo senso un fallimento istituzionale.

Eppure, ai clienti il mercato dell’energia piace, visto che circa la metà di quelli che hanno diritto alla “maggior tutela” hanno comunque deciso di uscirne per avventurarsi sul mercato, come mostra il report dell’Autorità.

Cos’hanno ottenuto questi clienti intraprendenti? Servizi personalizzati o risparmi in bolletta, a patto di saperli trovare tra le offerte e mantenere alla fine delle promozioni. In media però sul mercato libero un cliente domestico spende più che nella “maggior tutela”, si spera perlopiù a fronte di servizi che apprezza, ma certamente – come abbiamo visto su Derrick – anche in esito a modifiche unilaterali scorrette da parte dei fornitori oppure della difficoltà dei clienti di comprendere tutte le varie voci di costo alla firma del contratto.


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