Ragazze birmane a Bagan (copyright Derrick) |
Si riferisce
a una stima del risparmio in eccesso rispetto alla norma in 21 Paesi ricchi del
mondo. Un risparmio naturalmente non distribuito uniformemente tra classi di
reddito, e che riguarda soprattutto i benestanti per cui una quota importante
di spesa normalmente è per beni voluttuari (diciamo così) come viaggi o
ristoranti che la pandemia impedisce di consumare. Nella classifica dei Paesi
con questo risparmio anomalo l’Economist mette in ordine decrescente di incidenza
rispetto al PIL Canada, USA, Regno Unito, Australia e Italia (seguono Germania
e Francia). In alcuni casi potrebbero aver contribuito i piani straordinari di stimolo
all’economia fatti proprio con iniezione di liquidità, dice l’articolo. Come far
immettere questa liquidità nell’economia? A questo allude il titolo.
Oltre alla impossibilità di fare attività voluttuarie, pesa
probabilmente la razionalità dei cittadini, non così fessi da pensare che i
sussidi a pioggia e le aziende obbligate a non licenziare e tenute in vita con
soldi pubblici, o la nazionalizzazione di interi comparti dell’economia con un
processo non dichiarato di deliberalizzazione possano esserci senza una stretta
successiva duratura in termini di benessere e tasse.
Il guaio è naturalmente il circolo vizioso: più tardi gli
acquisti ripartono peggio è per la sostenibilità del sistema anche pubblico.
Dunque dobbiamo sentirci in colpa se con il lockdown spendiamo
meno? Con un tempismo inquietante, leggo qualche giorno fa una mail di Banca Fineco.
Un’azienda che spesso ho lodato per l’eccellente piattaforma online inaugurata più
di 20 anni fa quando sembrava ancora fantascienza, ma che commette la piccola ingenuità
di mandare mail superfiche e scintillanti quando vuole venderti un servizio e
invece omertose (ma proprio per questo riconoscibilissime) quando vuole
piazzarti la fregatura. Apro dunque il link contenuto nella terrea e sibillina proposta
di modifica unilaterale del contratto e scopro che la mia banca si riserverà a
breve il diritto di chiudermi il conto se ho troppa liquidità e non compro
servizi di credito o risparmio gestito. (Stranamente non sembra riferirsi anche
ai servizi di intermediazione di trading).
Perché questa minaccia? Perché i tassi di interesse
interbancari, quelli “all’ingrosso” per così dire sono ormai da tempo negativi
e, immagino, non c’è molta domanda di credito che sia coerente con le regole di
solidità dei bilanci degli istituti. Anche Fineco, in altre parole,
evidentemente non sa dove mettere la liquidità. (Mi viene in mente che qualche
mese fa ho visitato un concessionario d’auto per sentirmi dire che mi facevano
lo sconto solo se chiedevo un finanziamento che non m’interessava).
Un po’ mi stupisce che questa decisione di Fineco arrivi
proprio insieme ai primi segni di una ripresa dell’inflazione che dovrebbe di
per sé ridurre l’incentivo alla liquidità e, politiche espansive delle banche
centrali permettendo, rialzare un po’ i tassi. Ma tant’è.
Con una battuta si potrebbe dire che siamo allo stigma della liquidità.
Ora vado online e che faccio, mi compro la quinta bicicletta, visto le
FAQ del Governo – nuova fonte del diritto in questa brutta stagione – concedono
di varcare i confini comunali pedalando purché sia “funzionale all’attività
sportiva”? O un nuovo telefonino? O un periodo di studio all’estero per mia
figlia in un posto dove spero le scuole le tengano aperte non solo a parole?
(Ah, già: questo l’ho già fatto).
“Aspettati un boom immobiliare” ha risposto con più visione Matteo Di Paolo a un mio tweet sullo stigma della liquidità. Ma nel mio caso non è uno stigma capiente abbastanza per l’attico che ho adocchiato.
Link
- L'articolo citato dell'Economist: https://www.economist.com/finance-and-economics/2021/03/09/the-worlds-consumers-are-sitting-on-piles-of-cash-will-they-spend-it
- La proposta Fineco di modifica unilaterale del contratto per i correntisti: https://images.fineco.it/cms/mail/immagini/2021/docs/Lettera_Proposta_di_modifica_unilaterale_di_contratto_21.pdf
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