lunedì 25 marzo 2024

Transito di gas russo in Ucraina (Puntata 616 in onda il 26/3/24)

Gasdotti ucraini (da ICIS)
Nel 2023 l’Italia ha importato un decimo del gas russo via tubo di quanto facesse fino al 2021. Siamo a
meno di 3 miliardi di metri cubi all’anno rispetto ai circa 30 di partenza. Sono come sappiamo anche calati molto i consumi in Italia ed Europa (il continente li ha ridotti di circa un terzo in due anni, un numero stratosferico di cui sarà interessante vedere qual è la quota strutturale).

Molto più gas arriva via nave in porti anche appena costruiti, altro dal gasdotto TAP concluso giusto in tempo per la crisi, ma il corridoio del gas russo che transita in Ucraina è ancora commercialmente aperto e regolato da un accordo tra società dei due paesi in scadenza alla fine del 2024.

La Commissione e il Consiglio Europeo si sono già espressi nel senso di un non rinnovo dell’accordo, che impedirebbe almeno in prima istanza ai venditori russi di arrivare con il proprio gas nei Paesi dell’Unione Europea.

Un interessante e dettagliato articolo di Aura Sabadus di ICIS del 18 marzo elenca alcuni degli effetti che avrebbe il non rinnovo dell’accordo di passaggio.

L’Ucraina perderebbe introiti per quasi lo 0,5% del suo prodotto interno lordo dall’accordo, ma non è detto che non possa recuperarli se alcuni paesi UE vorranno ancora importare del gas via tubo dalla Russia, che non è al momento stato oggetto di un embargo. L’operatore della rete del gas ucraina potrebbe infatti vendere agli importatori, anziché al fornitore russo, il servizio di trasporto sul proprio territorio, il che significherebbe il venir meno del rapporto commerciale tra aziende dei due paesi in conflitto.

Ma cosa sarebbe delle forniture all’Ucraina stessa? Potrebbe il suo sistema di gasdotti funzionare in direzione opposta a quella attuale, importando gas dai giacimenti o dai porti del mare del Nord o addirittura da paesi mediterranei aspiranti esportatori come Italia, Spagna e Grecia? (Dell’affollamento degli aspiranti esportatori abbiamo già parlato e visto quanto esso riduca la credibilità del successo dei singoli contendenti, perdipiù in un contesto di consumi calati così tanto in modo generalizzato).

La risposta che dà la giornalista è sì: la rete ucraina del gas è stata originariamente concepita proprio per portare il gas da occidente quando evidentemente la produzione o il trasporto dalla Siberia non si erano ancora sviluppati o non sufficientemente.

Dunque tutto bene per la sicurezza di fornitura? Si direbbe di sì, anche troppo: essendo i transiti dalla Russia già scesi così tanto senza razionamenti e con prezzi normalizzatisi e con l’arrivo di ulteriori siti europei di attracco di navi metaniere che complessivamente secondo la IEEFA avranno una capacità superiore a tutti i consumi continentali – anche quelli importati via tubo - già prima del ’29.

Ma non tutti gli importatori potrebbero essere disponibili a perdere il valore d’opzione dell’import russo. Per esempio non la Slovacchia, che secondo Sabadus ha contratti ancora con molti anni davanti in cui si è impegnata a pagare determinate quantità di gas anche se non dovessero essere consumate. In situazioni del genere, verosimilmente sarebbero arbitrati internazionali a stabilire se la mancata possibilità di trasferire il gas, esito di una decisione anche europea, sia o meno considerabile un motivo valido di forza maggiore per non pagare quanto pattuito da parte dell’importatore.

Insomma: non abbiamo avuto il coraggio di chiudere i rubinetti russi quando ancora ne dipendevamo molto. Lo faremo almeno ora che ci siamo emancipati? Basterà per farlo il non rinnovo dell’accordo di transito – se confermato – o invece gli importatori vorranno e potranno tenere il corridoio aperto?

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