sabato 7 dicembre 2024

King Charles III England Coast Path (Puntata 649 in onda il 10/12/24)

Southend on Sea - Dal sito ufficiale del
King Charles III England Coast Path
Immaginate un paese con oltre 4000 km di coste dalle forme più diverse, a volte alte, difficili, impervie, altre dedicate al turismo, speso molto belle. In alcuni casi occupate da porti che un tempo furono fondamentali per l’economia locale ed europea, o da siti industriali in molti casi decaduti, in altri ancora attivi. Immaginate che questo paese abbia un progetto per realizzarvi un percorso pedonale completo. Niente male, no?

Se poi aggiungiamo che il progetto è tanto avanzato da prevedere il completamento nel 2025, possiamo facilmente escludere che si tratti dell’Italia. Infatti stiamo parlando dell’Inghilterra, che si aggiunge al Galles che già il percorso lo ha. Mentre la Scozia il diritto di passaggio a piedi sulla costa lo garantisce per legge (devo segnarmelo per la prossima volta che capiterò da quelle parti).

Quello britannico non è un progetto arrivato in fretta o dal nulla, ma il risultato di una cultura e del lavoro di gruppi di interesse secolari.

Ma il fascino anche simbolico delle grandi marce, dei pellegrinaggi, non è estraneo nemmeno a molti altri luoghi, basti pensare alla moda forse perfino logora ormai del cammino di Compostela. E il fatto che un cammino possa in teoria farsi tutto intero – anche se in pochissimi possono cimentarcisi davvero – attribuisce senza dubbio significato e valore all’infrastruttura anche se l’uso comune riguarda brevi tratti alla volta.

È curioso per certi versi star qui a considerare una meraviglia un percorso pedonale in paesi in cui quelli automobilistici, decisamente più complessi da realizzare, si estendono forse per due ordini di grandezza in più. Ma è proprio la frugalità del camminare, e la sua inutilità per gli scambi commerciali, a rendere oneroso il rapporto tra investimenti necessari e ritorno economico diretto. Almeno fino a che gli effetti sul turismo o sulla salute non diventano molto rilevanti.

Se guardiamo al colossale piano italiano finanziato con il PNRR, i corridoi ciclopedonali hanno un’incidenza ridicola, ed è una mancanza bloccante visto che si tratta di infrastrutture che in assenza di piani nazionali restano tipicamente di competenza di amministrazioni pubbliche locali che difficilmente trovano i soldi per farle.

Non è tutto facile nemmeno nel Regno Unito, dove uno dei problemi è giuridico, perché le aree costiere demaniali sono identificate nel diritto locale dalle coordinate geografiche, che non tengono conto dell’erosione e dell’aumento del livello dei mari, che a volte rendono quella che è ufficialmente la costa in realtà non più esistente o non più praticabile. Così almeno spiega un bell’articolo di Catherine Nixei sull’ultimo Economist di novembre 2024 a cui ho attinto per questa puntata.

In Italia siamo indietro. Perfino nell’Adriatico da San Salvo in su, che è la parte messa meglio, la ciclopedonale s’interrompe in più punti per l’evidente difficoltà di varcare proprietà private o togliere di mezzo edifici incredibilmente costruiti sulla spiaggia, come tra Fano e Torrette di Fano. Avendo io perlustrato tutte le ciclopedonali costiere romagnole, marchigiane e abruzzesi, il blog Derrick energia è una fonte di reportage in materia.

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