martedì 16 aprile 2013

D157 - Mobilità ferroviaria ad alta velocità - Parte 5

Qualche tempo fa Derrick si è occupato di valutazione costi/benefici di investimenti in alta velocità ferroviaria. Compresi quelli per la nuova tratta Torino-Lione, approvata in una versione ridotta rispetto al progetto originale da 23 miliardi complessivi, che è prevista costare oltre 8 miliardi di cui oltre 3 a carico dei cittadini italani.
Abbiamo visto che fonti come il laboratorio di Politica dei Trasporti del Politecnico di Milano ritengono l'opera ingiustificata in termini di domanda di trasporto sia merci sia passeggeri. Non il Governo, che pubblica sul suo sito un documento sintetico in cui ribadisce la sensatezza del progetto.
(Tutti i link utili per i discorsi fatti fino a qui si trovano nelle puntate 151 e 152).

Oggi invece parlo di un'analisi costi/benefici che, grazie a Paolo Guglielminetti, che ringrazio, ho reperito qui (bisogna fare il download e estrarre il file compresso).

Si tratta della valutazione commissionata dal Governo e a cui ha sovrinteso Mario Virano, commissario straordinario per la Torino-Lione.
Cosa dice in sintesi questa valutazione? Che la TAV Torino-Lione, nella sua versione originale, quindi più ampia di quella effettivamente poi approvata, sulla base di una serie di ipotesi su alcune delle quali mi soffermerò poi, seppur di poco, conviene.
Secondo lo studio infatti l'investimento ha un tasso di rendimento interno di circa il 5%, cioè produce ricchezza purché il tasso di sconto sia più basso, appunto, del 5%. Altrimenti no.

Di cosa tiene conto l'analisi: di due macroaspetti.

1-      Il bilancio economico: cioè quanto ci guadagnano o ci perdono i vari soggetti economici, inclusi naturalmente i clienti dei servizi di trasporto.

2-      Le esternalità. Cioè la valutazione degli effetti che non passano direttamente attraverso transazioni economiche esplicite, ma cui può essere attribuito un valore economico. Per esempio il minor inquinamento da trasporto su gomma, e soprattutto – punto molto rilevante secondo l'analisi – i minori costi sociali da incidenti automobilistici evitati grazie al cambio modale da gomma a ferro.

Riguardo al bilancio economico, c'è un approccio olistico che non mi convince molto. Vengono infatti valutati profitti e perdite di vari soggetti con interessi economici a che l'opera si faccia o non si faccia (per esempio gestori dell'infrastruttura ferroviaria e autostradale), e non solo dei clienti dei servizi di trasporto. Questo approccio largo, da quello che ho letto per esempio qui
ha senso in riferimento a quei settori dell'economia soggetti a fallimenti del mercato. Altrimenti, mi pare, occorre concentrarsi – esternalità a parte - sulla capacità di un investimento di rendere un servizio a chi ne usufruirà, cioè ai suoi clienti e a quelli dei servizi alternativi per soddisfare lo stesso bisogno. Poco importa se per farlo si producono effetti su settori intermedi soggetti a concorrenza e non caratterizzati da esternalità.

In ogni caso i numeri dello studio di cui parlo sono scarsamente influenzati, in termini di risultato netto, dagli effetti economici su soggetti non clienti dei servizi di trasporto.
Secondo lo studio è infatti il risparmio sui costi del trasporto su gomma (legato soprattutto come vedremo a una stima dei costi esterni risparmiati), maggiore del maggior costo ferroviario post cambio modale, a rendere il bilancio economico positivo.

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