Mi concedete un Derrick
di pura opinione?
Luigi Di Maio, il politico italiano più probabile presidente
del consiglio secondo il Financial Times se il M5S dovesse vincere le
politiche, il 21 luglio (2016) ha scritto un post su facebook un cui passaggio recita:
Io non ce l'ho con le lobbies. Esiste la lobby dei petrolieri e quella degli ambientalisti, quella dei malati di cancro e quella degli inceneritori. Il problema è la politica senza spina dorsale, che si presta sempre alle solite logiche dei potentati economici decotti.
Un metronomo gigante visto al Centro de arte Reina Sofia di Madrid nel 2015 |
Cosa ne pensate? Io ho trovato odioso
il termine “lobbies”, perché in un testo italiano è buona norma editoriale
rendere invariabili i termini stranieri. (O vogliamo scrivere "vips", "films", "parties", ma per cortesia).
Molti hanno invece trovato
intollerabile l’associazione tra lobby e malati di cancro.
Perché? Non mi è
chiaro, ma da cose che ho letto e sentito lo scandalo sarebbe nel trattare
l’interesse sacrosanto a guarire e curarsi di un malato oncologico come un
altro interesse qualsiasi. Cosa che peraltro Di Maio non fa nel suo post: lui
nota solo che un politico è esposto ai più disparati gruppi di interesse.
Dico io: se lobby vuol
dire gruppo di interesse organizzato, perché mai i malati di tumore non
dovrebbero esprimere la propria o le proprie lobby per portare istanze alla
politica?
A questa domanda che ho posto ai miei amici di Facebook risponde
Paolo Beneforti, artista figurativo pistoiese. Lobby per te ha quel
significato, mi scrive Beneforti, ma nell’uso comune e nelle intenzioni di Di
Maio significa “gruppo di corruttori”.
Ora, non seguo da vicino Di Maio e non
so se altrove abbia sostenuto una simile accezione, direi di no nel post di cui
sto parlando com’è mentre scrivo, in cui Di Maio del resto auspica la
regolamentazione dell’attività dei lobbisti, di cui anche Derrick si è occupato in un ciclo di puntate con un contributo del lobbista Giovanni Galgano.
Beneforti però ha
probabilmente ragione sul senso negativo che da noi – ma non nei paesi anglosassoni
– ha il termine lobby.
Una trasfigurazione che dice molto della nostra mentalità. Perché se
pensiamo che chi promuove i propri interessi sia necessariamente un corruttore,
pensiamo anche che i politici cui si rivolge siano corrotti, che lo Stato sia
un oppressore da evitare, l'evasione fiscale giusta, che l’unico welfare
possibile quello clientelare eccetera. Diamo cioè per scontata una struttura economica (e quindi sociale) mafiosa. In cui gli interessi non emergono in modo palese, ma solo
attraverso connivenze illegittime. Per cui se un fine ci sembra particolarmente
degno di tutela non osiamo attribuirgli mezzi così oscuri per esplicarsi, e
preferiamo immaginare che per magia riesca a farsi valere senza attivarsi presso i politici.
E se invece gli interessi
fossero fino a prova contraria tutti legittimi? E se il loro confronto
trasparente presso i politici fosse un meccanismo fondante delle democrazie
liberali? Che i malati di cancro, così come altri, abbiano istanze da far valere,
si associno e mandino un lobbista competente e retribuito a negoziare leggi,
soldi, o anche solo a spiegare le proprie istanze presso il legislatore o le
amministrazioni, cos’ha di male?
In realtà, per fortuna, questo avviene comunemente, come
ci conferma sempre nella stessa conversazione Eleonora Palma che lavora presso
il gruppo legislativo del M5S presso la regione Veneto.
Forse però avviene con insufficiente trasparenza,
come abbiamo viso nelle puntate di cui la prima è linkata sopra.
Ringrazio gli interlocutori citati.
Sono completamente d' accordo con te anche io penso che una lobby la può avere chiunque e anche io odio i termini inglesi scritti in un testo italiano, veramente irritante.
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