C'è una novità che rende necessario riprendere un tema che, stando ai contatti su questo blog, ha
suscitato molto interesse: i comportamenti scorretti di alcuni venditori di
energia.
Una tecnica scorretta
tipica, come abbiamo visto anche in una serie di puntate recenti, è alimentare la confusione tra gestore in monopolio
della rete locale e fornitore, affermando o lasciando intendere che un
venditore d’energia che appartiene allo stesso gruppo societario del gestore
della rete sia più affidabile o abbia vantaggi, quando invece la rete dovrebbe
interfacciarsi con tutti i venditori nello stesso identico modo, così come
un’autostrada fa passare chiunque paghi il pedaggio alle stesse condizioni.
Passerella pedonale nei pressi della stazione Campi Sportivi, a Roma, sulla linea ferroviaria regionale piazzale Flaminio-Viterbo. (Foto di Derrick) |
Ma c’è di peggio che millantare vantaggi da parte dei gruppi societari presenti su entrambi i fronti, ed è sfruttarli davvero. Per esempio usare le informazioni possedute in quanto gestore di rete per fare offerte mirate a clienti serviti da altri. È come se TIM, l’ex Telecom, che deve assicurare accesso alla parte condivisa di infrastruttura a tutte le compagnie telefoniche, e quindi in possesso di informazioni su quale cliente è servito da chi, chiamasse i clienti di altri gestori usando queste informazioni per convincerli a farsi servire da TIM.
In più nell’energia c’è un altro monopolio, quello della fornitura della tariffa regolata di “tutela”, affidata per legge in esclusiva al venditore dello stesso gruppo societario del distributore locale.
Se il fornitore di questo
servizio, regolato e in monopolio, usa il contatto col cliente per proporgli
un’altra sua offerta nel mercato libero, sfrutta un suo vantaggio monopolistico.
Comportamenti, quelli qui sopra, che si configurerebbero come abuso di posizione dominante secondo le norme antitrust.
Comportamenti, quelli qui sopra, che si configurerebbero come abuso di posizione dominante secondo le norme antitrust.
Ebbene: l’Autorità
antitrust italiana ha appena aperto tre procedure d’infrazione proprio per gli abusi
che ho elencato, a carico di Enel, A2A e Acea, ritenendo degne d’attenzione
numerose segnalazioni di clienti e concorrenti.
Gli illeciti presunti di
Enel, in particolare, sono documentati da registrazioni di
telefonate come quelle pubblicate da La Notizia, che colgono venditori nell'atto di sfruttare illegittimamente i vantaggi informativi del monopolio di rete
locale della stessa Enel.
E se questi casi possono essere iniziative di
venditori esterni che violano le direttive della stessa azienda (ma la
complicità con qualcuno che ha i dati è necessaria per farlo), è clamoroso che
proprio l’Enel sia stato l’unico venditore di energia in Italia a compiere una
battaglia legale contro l’obbligo di chiara separazione dei marchi tra
distribuzione e vendita. Obbligo che peraltro ha rispettato in modo elusivo,
così come Acea, con marchi per la società di distribuzione che richiamano
incontrovertibilmente quelli del gruppo.
Seguiremo naturalmente come
andrà a finire e se gli addebiti verranno confermati dall’antitrust.
Intanto una riflessione: cos’hanno
in comune queste tre aziende?
Sono tutte controllate
dall’amministrazione pubblica, oltre a essere anche quotate.
Vuoi vedere allora che il
controllo pubblico non è garanzia di correttezza nel rispetto delle norme?
Recentemente il
presidente della commissione Attività Produttive della Camera, Massimo Mucchetti, spesso
molto critico con privatizzazioni e liberalizzazioni, ha auspicato in seduta
plenaria che si valuti, in relazione a possibili privatizzazioni di aziende
pubbliche, non solo l’introito dalla vendita, ma anche il valore dei mancati
dividendi futuri per lo Stato.
Economicamente non fa una
piega.
Ma quella del fare utili con
le partecipate è una motivazione a doppio taglio per i fan delle partecipazioni
pubbliche, perché sottende che non c’è motivazione prevalente di perseguimento
di un qualche bene pubblico nell’avere lo Stato azionista di aziende, bensì quella
di mettere le mani in settori remunerativi, comprando azioni coi soldi dei
cittadini (i quali, per inciso, con società quotate in borsa se vogliono possono farlo da soli con tre clic sul sito della propria banca).
Il guaio è che dove l’azionista di controllo è lo stesso che stabilisce le regole del gioco sul mercato di riferimento la concorrenza rischia di essere falsata.
Si sarebbe permesso un operatore indipendente di mercato uno spregio delle regole e un
senso di impunità pari a quello di cui stiamo parlando dell’Enel?
Auguro all’AGCM la forza per
svolgere con autonomia questa indagine malgrado tocchi, oltre all’interesse dei
cittadini-clienti dei servizi energetici, anche lauti dividendi del Tesoro, del comune di Milano e di quello di Roma.
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