martedì 13 febbraio 2018

Nuovi rapporti di forza globali energetici (Puntata 346 in onda il 13/02/18)


Ho letto un interessante articolo di Walt Patterson sull’Energy Post in cui a partire da dati di un osservatorio del Chatham House Institute di Londra si ipotizzano scenari geopolitici legati alla rivoluzione energetica che il mondo sta imboccando con gli enormi investimenti in energie rinnovabili e quindi il progressivo previsto affrancamento dalle fonti fossili.

Ecco alcune tendenze citate nell’articolo.
Una bicicletta luminosa fotografata a Mondavio
Se risorse minerarie fossili perderanno importanza, verranno meno i vantaggi legati alla loro detenzione. Vantaggi che peraltro – aggiungo io - non necessariamente hanno portato a sviluppo i paesi ricchi di risorse. Con il termine “sindrome olandese” gli economisti chiamano proprio la tendenza dei paesi esportatori di risorse a perdere competitività in altri settori come il manifatturiero. A questo potrebbe aggiungersi che, se una ricchezza è concentrata in risorse
di proprietà pubblica, essa non facilita lo sviluppo di democrazie legate all’emergere di una classe imprenditoriale.

Ma a parte questo: diventeranno il sole e il vento i nuovi petrolio e carbone in termini di ruolo geopolitico di chi ne è ricco? Probabilmente no, o non del tutto: i sistemi elettrici in cui l’energia prodotta è convogliata sono molto meno globali dei mercati dei combustibili fossili. È anche vero però che le interconnessioni tra paesi stanno aumentando e che contratti internazionali di fornitura di elettricità verde si stanno sviluppando. Sempre più importanti le reti dunque, e sempre maggiori le opportunità di business per i giganti dei big data che potrebbero avere vantaggi nel gestirle, con i pericoli di concentrazione che conosciamo.
Sole, vento e acqua a parte, terre e metalli rari permetteranno a nuove potenze minerarie come la Cina di tenere sotto scacco il mondo dell’energia? Patterson ritiene di no. La bolla di molte materie prime del settore è già scoppiata, mentre il proliferare di tecnologie, per esempio nelle batterie, permette al sistema di non dipendere troppo da singoli elementi.
Infine una curiosità da un articolo di Adam Vaughan sul Guardian: nel 2017 la Brexit non ha frenato gli investimenti britannici in rinnovabili, visto che l’UK ha fatto la metà della nuova capacità eolica offshore di tutta l’Europa, mentre per il futuro si progettano pale eoliche marine alte il doppio del London Eye, da ben 15 MW di potenza l’una.


Link utili:


Nessun commento:

Posta un commento