domenica 10 giugno 2018

Una giusta transizione alle nuove fonti di energia (Puntata 359 in onda il 12/6/18)


Si è svolto a Roma presso il CNEL l’8 giugno 2018 il convegno "Una giusta transizione alle nuove fonti di energia: tecnologie, costi, geopolitica" organizzato dalla Fondazione Pietro Nenni, presieduta da Giorgio Benvenuto, e dalla Foundation for European Progressive Studies. Alla tavola rotonda pomeridiana su questioni di geopolitica dell’energia ho partecipato anch'io.
L’intero convegno è rivedibile e riascoltabile su Radio Radicale al link sotto.

Vediamo alcuni dei punti emersi nella tavola rotonda del pomeriggio.
Il direttore generale del ministero dell’ambiente svedese, Robert Andren, ha raccontato come la Svezia si sia trasformata, a partire dall’inizio degli anni Settanta, da un paese con forte dipendenza nelle importazioni di combustibili a uno più autonomo e m
Particolare del faro di Fisterra fotografato da Derrick
olto defossilizzato. Fu una reazione alla crisi petrolifera, reazione poi consolidata con un sistema di tassazione disincentivante nell’utilizzo dei combustibili fossili in particolare per la produzione elettrica, tanto che oggi la Svezia si basa solo su rinnovabili e nucleare, e di quest’ultimo Andrén prevede nel giro di alcuni decenni il progressivo abbandono per motivi di costi.
Nel ’91, ha raccontato Andrén, la tassazione di disincentivo alle fonti fossili è stata sistematizzata con una carbon tax sui prodotti energetici. Incuriosito, sono andato a vedermi una pagina informativa dello stesso governo svedese (link sotto): inizialmente fissata a circa 26 €/T di emissioni convenzionalmente attribuite a ogni prodotto tassato, la carbon tax nordica è stata progressivamente aumentata fino a raggiungere recentemente il valore notevolissimo di 120 €/T, pur con esenzione dei settori già coperti dal meccanismo europeo dell’emission trading system che già disincentiva le emissioni dannose al clima, e con aliquote ridotte per l’industria.

Ora, è sostenibile che l’Unione Europea abbia un mercato unico dell’energia (o che almeno dovrebbe essere tale per molti aspetti) ma poi abbia politiche energetiche, di cui la tassazione è sicuramente un aspetto, così diverse?
Perfino il sistema di emission trading europeo nel suo complesso, che sulla base di un limite alle emissioni impone un prezzo stabilito dal mercato per disincentivarle, è stato finora di fatto indebolito dalle pressioni delle aziende europee che ne hanno vista ridotta la propria competitività rispetto a concorrenti fuori dal sistema. Ancora più problemi causano politiche parafiscali sulla bolletta elettrica diverse tra singoli stati membri, che hanno condotto e conducono a escalation di aiuti di stato in particolare tra i paesi manifatturieri. Dove i mercati sono unici, se non sono anche uniche le politiche almeno fiscali – e energetiche nel discorso che stiamo facendo – s’ingenerano fenomeni come questi, che sinteticamente Valeria Termini, membro del collegio dell’autorità per l’energia (Arera) e anche lei partecipante al convegno, ha definito di “free riding” di regolamentazione. (Per “free riding” in questo caso s’intende il comportamento di un paese che approfitta dei vantaggi di eludere una norma che i suoi concorrenti adottano. Comportamento che tipicamente induce emulazione).
Anche nell’energia è facile accorgersi che o l’integrazione diventa più forte – coinvolgendo le politiche – o genera troppi effetti indesiderati e non tutti i vantaggi che ci si potrebbe ragionevolmente attendere.

Tra un’Europa politicamente unita da un lato, o tanti paesi che s’impoveriscono in guerre commerciali e barriere dall'altro, personalmente non vedo terze vie fattibili.


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