martedì 14 luglio 2020

Il disastro dell'uomo solo al comando (Puntata 445 in onda il 14/7/20)

Most airplane crashes result from a chain of improbable errors and failures
Una delle immagini del disastro di Tenerife

Nel marzo 1977 in un aeroporto di Tenerife, nelle Canarie, si è consumato il disastro aereo con maggior numero di morti della storia dell’aviazione: lo scontro in pista di due Boeing 747, il quadrimotore passeggeri allora più grande del mondo e il secondo più grande di sempre.
Ci sono decine di libri che ripercorrono questo incidente, che naturalmente ha subito investigazioni da parte delle agenzie preposte, le quali hanno potuto contare anche sulle registrazioni complete delle conversazioni in entrambe le cabine di pilotaggio.

Quei due aerei non erano destinati all’aeroporto dell’incidente: erano stati deviati lì a causa di un allarme-bomba, poi risultato infondato, presso la destinazione prevista. Il dirottamento stava causando disagi a tutti e in particolare il capitano di uno dei 747, dell’olandese KLM, temeva che il tempo perso potesse far scattare il limite massimo di durata del proprio turno di pilotaggio. In più c’era nebbia, e il piccolo aeroporto non era adatto a ospitare i numerosi aerei che lo occupavano. Il personale di controllo di terra era stressato dalla situazione e l’altro jumbo, americano, era parzialmente disorientato e stava ancora transitando sulla pista per raggiungere il piazzale di decollo.

Incredibilmente, il capitano olandese Van Zanten iniziò la manovra di decollo senza esserne stato autorizzato dalla torre di controllo, che aveva solo dato l’OK al piano di volo successivo. Il primo ufficiale alla sua destra era un pilota che aveva avuto proprio Van Zanten, che era anche il capo del training in KLM, come istruttore. Lui, il primo ufficiale, sapeva che non c’era stata l’autorizzazione esplicita al decollo, e aveva anche l’impressione, avendo ascoltato i comunicati radio dell’altro jumbo, che quest’ultimo potesse essere ancora in transito sulla stessa pista su cui il suo capitano si stava lanciando. E lo dice, ma in tono dubitativo e troppo tardi, senza tentare d’imporsi.

Quando il jumbo americano vede apparire nella nebbia sempre più luminose le luci del KLM in decollo, tenta di buttarsi sull’erba. Il KLM invece anticipa il sollevamento del muso strisciando per oltre venti metri la coda sulla pista. Il muso si solleva, ma la pancia non abbastanza e il KLM taglia quasi in due il 747 americano.
A bordo dell’olandese ricaduto in pista muoiono tutti nella nube di carburante in fiamme che lo avvolge. Dall’aereo a terra si salvano solo una sessantina di passeggeri ed equipaggio. Quasi 600 morti in totale.

Com’è possibile che il superesperto capitano olandese abbia commesso una violazione del genere? Hanno contribuito probabilmente le sue condizioni di stress e di impazienza, secondo gli inquirenti, mentre il suo primo ufficiale, in stato di soggezione, non ha saputo fare il suo dovere: cioè controllare e imporsi.
Gli uomini soli al comando, cioè senza un sistema efficace che li controlli e possa fermarli se necessario, soprattutto quando sono molto sicuri di sé, sono un pericolo per la comunità che dipende dalle loro decisioni.


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