Altopiano islandese (Diritti riservati Derrick) |
C’è un filone di attenzione
di questa rubrica che probabilmente batterebbe tutti gli altri in una
classifica del rapporto tra sua importanza e interesse che riscuote presso la
generalità dell’opinione pubblica e l’agenda degli amministratori pubblici. È
quello della spesa fiscale e dei sussidi pubblici, diretti, indiretti o
impliciti, dannosi all’ambiente.
Link:
Ne riparlo oggi perché è uscita a fine maggio [2020], in ritardo rispetto a quanto previsto dalle norme, la terza
edizione del catalogo dei sussidi dannosi e favorevoli all’ambiente del
ministero dell’ambiente (link sotto), con un’introduzione del ministro Costa. Aggiornamento
di un documento che è anche, che io sappia, la più completa rassegna della
spesa fiscale italiana (cioè dei regimi fiscali e tariffari di favore),
scorrere la quale è estremamente istruttivo anche solo per avere la sensazione
di quanti sono i rivoli di questa spesa, nei settori più disparati ma
soprattutto in agricoltura, energia, trasporti, spesa in molti casi in forma di
sconti sul prezzo di approvvigionamento di forme di energia di origine fossile.
Regimi in alcuni casi probabilmente dimenticati dallo stesso Parlamento, e toccare
i quali farebbe sicuramente imbestialire qualcuno e trovare una ragione per i
quali è spesso difficile.
Vale la pena ricordare che ai fini del Catalogo si usa la
definizione OCSE di sussidio, cioè qualunque intervento pubblico atto a
modificare il costo o il ricavo di un’attività economica rispetto a quanto avverrebbe
in sua assenza.
Tra i sussidi indiretti, è interessante una delle tante
schede di approfondimento del Catalogo che confronta per diversi materiali le tariffe
di estrazione da cave e mostra come addirittura alcune regioni (Basilicata, Val
d’Aosta e Sardegna) non impongano alcun costo al concessionario d’estrazione.
In altri termini, il depauperamento di una risorsa vergine demaniale non viene
in nessun modo associato a una restituzione di valore alla comunità. Quando
parliamo di economia circolare dovremmo sempre tenere a mente come i sussidi di
vario tipo all’uso di risorse vergini rendano in partenza difficile lo sviluppo di una filiera del riciclo. A ben vedere una caratteristica comune ai sussidi
censiti nel Catalogo come dannosi all’ambiente è che essi danneggiano non solo
l’ambiente, ma in generale rischiano di soffocare in culla i settori
dell’economia più funzionali a operare quella transizione ecologica tanto
invocata.
I numeri complessivi del Catalogo sono ancora
una volta sconfortanti: quasi 20 miliardi di Euro era nel 2018 (anno di
riferimento) il valore dei sussidi pubblici dannosi all’ambiente in Italia,
contro i 15,3 miliardi di sussidi favorevoli all’ambiente. Insomma, nel 2018
l’amministrazione pubblica continuava complessivamente a remare contro
l’ambiente, pur tenendo conto delle tante somme trasferite, per esempio, alle
fonti energetiche rinnovabili, sussidi che in gran parte non sono più
disponibili gli impianti di nuova costruzione. Ciò, unito al fatto che nessuna
riforma rilevante alla spesa fiscale è stata nel frattempo lanciata, implica
che la tendenza – e qui è Derrick a parlare – è in sicuro grave peggioramento:
i sussidi alle rinnovabili caleranno di certo, quelli dannosi all’ambiente a
legislazione vigente no.
Link:
- Terza edizione (su dati 2018) del Catalogo dei sussidi dannosi e favorevoli all'ambiente del Ministero dell'Ambiente:
https://www.minambiente.it/sites/default/files/archivio/allegati/sviluppo_sostenibile/csa_terza_edizione_2018_dicembre_2019_1.pdf - Tutte le puntate di Derrick sul Catalogo: http://derrickenergia.blogspot.com/search?q=catalogo+dei+sussidi+dannosi+all%27ambiente
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