lunedì 29 giugno 2020

Catalogo sussidi dannosi all'ambiente - terza edizione (Puntata 443 in onda il 30/6/20)

Altopiano islandese
(Diritti riservati Derrick)
(La puntata sull'edizione successiva del Catalogo è qui).

C’è un filone di attenzione di questa rubrica che probabilmente batterebbe tutti gli altri in una classifica del rapporto tra sua importanza e interesse che riscuote presso la generalità dell’opinione pubblica e l’agenda degli amministratori pubblici. È quello della spesa fiscale e dei sussidi pubblici, diretti, indiretti o impliciti, dannosi all’ambiente.

Ne riparlo oggi perché è uscita a fine maggio [2020], in ritardo rispetto a quanto previsto dalle norme, la terza edizione del catalogo dei sussidi dannosi e favorevoli all’ambiente del ministero dell’ambiente (link sotto), con un’introduzione del ministro Costa. Aggiornamento di un documento che è anche, che io sappia, la più completa rassegna della spesa fiscale italiana (cioè dei regimi fiscali e tariffari di favore), scorrere la quale è estremamente istruttivo anche solo per avere la sensazione di quanti sono i rivoli di questa spesa, nei settori più disparati ma soprattutto in agricoltura, energia, trasporti, spesa in molti casi in forma di sconti sul prezzo di approvvigionamento di forme di energia di origine fossile. Regimi in alcuni casi probabilmente dimenticati dallo stesso Parlamento, e toccare i quali farebbe sicuramente imbestialire qualcuno e trovare una ragione per i quali è spesso difficile.

Vale la pena ricordare che ai fini del Catalogo si usa la definizione OCSE di sussidio, cioè qualunque intervento pubblico atto a modificare il costo o il ricavo di un’attività economica rispetto a quanto avverrebbe in sua assenza.

Tra i sussidi indiretti, è interessante una delle tante schede di approfondimento del Catalogo che confronta per diversi materiali le tariffe di estrazione da cave e mostra come addirittura alcune regioni (Basilicata, Val d’Aosta e Sardegna) non impongano alcun costo al concessionario d’estrazione. In altri termini, il depauperamento di una risorsa vergine demaniale non viene in nessun modo associato a una restituzione di valore alla comunità. Quando parliamo di economia circolare dovremmo sempre tenere a mente come i sussidi di vario tipo all’uso di risorse vergini rendano in partenza difficile lo sviluppo di una filiera del riciclo. A ben vedere una caratteristica comune ai sussidi censiti nel Catalogo come dannosi all’ambiente è che essi danneggiano non solo l’ambiente, ma in generale rischiano di soffocare in culla i settori dell’economia più funzionali a operare quella transizione ecologica tanto invocata.

I numeri complessivi del Catalogo sono ancora una volta sconfortanti: quasi 20 miliardi di Euro era nel 2018 (anno di riferimento) il valore dei sussidi pubblici dannosi all’ambiente in Italia, contro i 15,3 miliardi di sussidi favorevoli all’ambiente. Insomma, nel 2018 l’amministrazione pubblica continuava complessivamente a remare contro l’ambiente, pur tenendo conto delle tante somme trasferite, per esempio, alle fonti energetiche rinnovabili, sussidi che in gran parte non sono più disponibili gli impianti di nuova costruzione. Ciò, unito al fatto che nessuna riforma rilevante alla spesa fiscale è stata nel frattempo lanciata, implica che la tendenza – e qui è Derrick a parlare – è in sicuro grave peggioramento: i sussidi alle rinnovabili caleranno di certo, quelli dannosi all’ambiente a legislazione vigente no.



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