lunedì 23 novembre 2020

Intervista a Niccolò Argentieri sulle scuole superiori chiuse (Puntata 462 in onda il 24/11/20 e in replica il 29/12/20 e 16/3/21)

Un banco del liceo Virgilio di Roma (particolare)
Sento indiscrezioni su un nuovo bonus acquisti di Natale, pagato come tutti gli altri con debito che graverà su tasse e minori servizi futuri, e mi viene in mente una favola triste, non ricordo scritta da chi, che qualche mia maestra o maestro adattò per una recita delle elementari. La storia di un padre facoltoso ma assente (negli anni Ottanta non ci si faceva ancora scrupoli a ipotizzare che a essere facoltoso e assente fosse il genitore maschio) che cerca di compensare con molti regali al figlio.

Ecco, io come cittadino mi sento un po’ come quel figlio: mi sembra che lo Stato stia cercando di compensare con mancette il fatto che non riesce a darmi in misura adeguata, e adeguata all’emergenza, ciò che solo lui potrebbe darmi: anzitutto sanità e scuola.

Il resto di questa puntata è la lettura dell’intervista di Giada Giorgi, apparsa su Open, il giornale online gratuito fondato da Enrico Mentana, a Niccolò Argentieri, un professore di matematica e fisica di un liceo statale che, in tempi normali, fuori dall’orario di scuola organizza un ciclo di conferenze con allievi ed ex allievi chiamato “Caffè scientifico”.

Ecco alcuni passaggi delle parole di Argentieri, adattate solo in pochi punti per collegare diversi segmenti del discorso:

La didattica a distanza viene presentata spesso come una medicina, una soluzione che può lenire un problema più grande. In realtà è un veleno. Perché contribuisce a [far apparire] la chiusura delle scuole un gesto meno forte di quello che in realtà è. Alcune cose [la didattica a distanza] certamente permette di farle, ma [… soprattutto] per i ragazzi del liceo, che a differenza di [quelli delle] elementari e medie subiscono attualmente la chiusura totale, […] la scuola a casa è […] un’aberrazione. Un liceale ha bisogno di essere persona fuori dal suo essere figlio, ha bisogno di buttarsi nel mondo esterno per crearsi un’identità diversa, acquisire consapevolezze maggiori. In alternativa finisce per chiudersi perennemente nella cameretta, quando ce l’ha, e di vivere lì, tentando di ricrearsi un mondo di autonomia. Senza considerare poi le conseguenze sulla didattica in sé, […] dimezzata e vanificata [malgrado gli sforzi] per continuare il progetto formativo. La maggior parte degli argomenti [di studio delle mie materie] hanno avuto bisogno di essere ripresi da capo [dopo i mesi a distanza dello scorso anno scolastico]. Rimanere a distanza anche a gennaio sarebbe un colpo dal quale non credo […] potremmo rialzarci. Non è un invito a rischiare né tantomeno una volontà di fare fazioni a prescindere. Ma il punto è che se la scuola è davvero una delle cose più importanti come molti dicono, allora si chiude soltanto quando a chiudere è tutto il Paese.


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