martedì 26 ottobre 2021

Censura di internet nel mondo (Puntata 501 in onda il 26/10/21)

Pilone a Genova
(Foto Derrick)
Spesso ci irritiamo per le fake news che girano sul web e sui social, ci chiediamo se non sarebbe il caso di limitarle, di controllare chi pubblica contenuto o gestisce i siti. A me però la censura di Stato spaventa di più delle fake news, anche perché una volta che la macchina della censura esiste, è a disposizione del governo di turno, malintenzionato a piacere. In questa puntata riprenderò stralci di informazioni tratte da un articolo dell’Economist del 16 ottobre 2021 che mi ha molto colpito. Eccoli qui di seguito.

Il governo turco blocca quasi 470 mila siti web. 59 mila aggiunti alla lista solo nell’ultimo anno. La Cina ha costruito la sua infrastruttura internet fin dall’inizio tenendo conto delle necessità tecniche legate al suo controllo. Nel 1996 in Cina solo 150 mila persone erano già connesse, eppure il partito al governo già bloccava siti. In molti casi ad occuparsi di censura oggi sono le stesse aziende che forniscono contenuti in rete, se vogliono funzionare senza violare le direttive del partito.

Twitter e Telegram in Iran sono vietati, e il governo per non generare troppo malcontento sussidia un internet parallelo in grado di fornire anch’esso contenuti d’intrattenimento e di informazione non invisa al potere. Una rete autarchica che si chiama rete informativa nazionale. Vengono in altri termini chiuse le frontiere nell’infrastruttura – internet - che forse di più ha contribuito alla globalizzazione delle comunicazioni e dell’informazione.

In una legge del 2019 Putin ha proclamato la sovranità telematica della Russia, per proteggersi dagli attacchi di internet a suo giudizio controllato dalla CIA. Come in Iran, per non negare ai cittadini l’intrattenimento che ormai si aspettano dalla rete, il governo russo ha previsto la nascita di RuTube, l’alternativa autarchica a YouTube, posseduta da Gazprom, il gigante russo del gas. E mentre in Europa l’antitrust impone ai produttori di apparecchi e di sistemi operativi di rendere effettiva la concorrenza tra browser e motori di ricerca, tutti i nuovi cellulari russi devono essere dotati di Yandex, il motore di ricerca approvato dal governo. (Nota dell’autore di Derrick: l’ho provato mettendo il mio nome, e non mi sembra per ora di essere censurato tranne che nelle foto, che ritraggono perlopiù donne completamente incorrelate a me e mai me. Chissà se le cose cambieranno e se dopo che questa puntata sarà online sparirò anche dalla sezione “web” dei risultati di ricerca di Yandex).

Negli Emirati Arabi il governo propone sistemi autarchici per i messaggi, mentre in India il partito di maggioranza, dopo una brutta esperienza con Twitter, chiede ai suoi supporti di usare un clone amico chiamato Koo. Software di controllo delle comunicazioni continuano a essere sviluppati. Un’azienda israeliana chiamata NSO ne vende tra gli altri ai governi di Messico, Marocco ed Emirati Arabi.

Una donna in Tailandia è stata condannata a 43 anni di galera per aver condiviso video di critica alla monarchia. Il presidente nigeriano ha bloccato Twitter nel Paese dopo che la piattaforma gli aveva a sua volta cancellato un post.

Bene, ora torna la voce di Derrick dopo gli estratti dall’Economist. A pensarci bene, qual è il fine per cui i Paesi scarsamente democratici esercitano la censura? Favorire la permanenza al potere dei vertici in carica. Mezzo mondo è sotto scacco da parte di leader disposti a tutto per prolungare il proprio potere manipolando il consenso.

Forse bisognerebbe inventare un aggeggio da impiantare sottopelle ai leader di governo di qualunque nazione, capace di fargli passare la voglia di comandare dopo tot anni che sono al potere. Un mondo in cui la conservazione a tempo indeterminato del potere non sia nemmeno un’opzione forse sarebbe migliore, no?


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