Pilone a Genova (Foto Derrick) |
Il governo turco
blocca quasi 470 mila siti web. 59 mila aggiunti alla lista solo nell’ultimo
anno. La Cina ha costruito la sua infrastruttura internet fin dall’inizio tenendo
conto delle necessità tecniche legate al suo controllo. Nel 1996 in Cina solo
150 mila persone erano già connesse, eppure il partito al governo già bloccava
siti. In molti casi ad occuparsi di censura oggi sono le stesse aziende che
forniscono contenuti in rete, se vogliono funzionare senza violare le direttive
del partito.
Twitter e
Telegram in Iran sono vietati, e il governo per non generare troppo malcontento
sussidia un internet parallelo in grado di fornire anch’esso contenuti
d’intrattenimento e di informazione non invisa al potere. Una rete autarchica
che si chiama rete informativa nazionale. Vengono in altri termini chiuse le frontiere
nell’infrastruttura – internet - che forse di più ha contribuito alla
globalizzazione delle comunicazioni e dell’informazione.
In una legge
del 2019 Putin ha proclamato la sovranità telematica della Russia, per
proteggersi dagli attacchi di internet a suo giudizio controllato dalla CIA.
Come in Iran, per non negare ai cittadini l’intrattenimento che ormai si
aspettano dalla rete, il governo russo ha previsto la nascita di RuTube,
l’alternativa autarchica a YouTube, posseduta da Gazprom, il gigante russo del
gas. E mentre in Europa l’antitrust impone ai produttori di apparecchi e di
sistemi operativi di rendere effettiva la concorrenza tra browser e motori di
ricerca, tutti i nuovi cellulari russi devono essere dotati di Yandex, il
motore di ricerca approvato dal governo. (Nota dell’autore di Derrick: l’ho
provato mettendo il mio nome, e non mi sembra per ora di essere censurato tranne
che nelle foto, che ritraggono perlopiù donne completamente incorrelate a me e
mai me. Chissà se le cose cambieranno e se dopo che questa puntata sarà online
sparirò anche dalla sezione “web” dei risultati di ricerca di Yandex).
Negli Emirati
Arabi il governo propone sistemi autarchici per i messaggi, mentre in India il
partito di maggioranza, dopo una brutta esperienza con Twitter, chiede ai suoi
supporti di usare un clone amico chiamato Koo. Software di controllo delle
comunicazioni continuano a essere sviluppati. Un’azienda israeliana chiamata
NSO ne vende tra gli altri ai governi di Messico, Marocco ed Emirati Arabi.
Una donna in
Tailandia è stata condannata a 43 anni di galera per aver condiviso video di
critica alla monarchia. Il presidente nigeriano ha bloccato Twitter nel Paese
dopo che la piattaforma gli aveva a sua volta cancellato un post.
Bene, ora
torna la voce di Derrick dopo gli estratti dall’Economist. A pensarci bene,
qual è il fine per cui i Paesi scarsamente democratici esercitano la censura? Favorire
la permanenza al potere dei vertici in carica. Mezzo mondo è sotto scacco da
parte di leader disposti a tutto per prolungare il proprio potere manipolando
il consenso.
Forse
bisognerebbe inventare un aggeggio da impiantare sottopelle ai leader di
governo di qualunque nazione, capace di fargli passare la voglia di comandare
dopo tot anni che sono al potere. Un mondo in cui la conservazione a tempo
indeterminato del potere non sia nemmeno un’opzione forse sarebbe migliore, no?
Link
- "Walls of silence", l'Articolo dell'Economist del 16/10/21 citato:
https://www.economist.com/international/2021/10/16/governments-are-finding-new-ways-to-squash-free-expression-online
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