lunedì 27 dicembre 2021

Stretta alle "occupazioni" scolastiche nel Lazio? (Puntata 509 in onda il 28/12/21)

Gravina di Puglia (Foto Derrick)
Un articolo di Gianna Fregonara sul Corriere della Sera del 21 dicembre 2021 letto a Stampa e Regime di Radio Radicale da Alessandro Barbano ha catturato la mia attenzione.

Ricorderanno forse gli ascoltatori di Derrick che non sono stato tenero durante il lockdown con l’Ufficio Scolastico Regionale del Lazio che, così come quelli di altre regioni, ha contribuito a scegliere di chiudere le scuole più a lungo di gran parte degli altri paesi avanzati. Ora sembra – ma tocchiamo ferro – che il Governo sia finalmente riuscito a far prevalere una linea di maggior garanzia per il diritto allo studio in presenza (e come sappiamo le evidenze su quanto poco la DAD gli sia paragonabile già abbondano, e ne abbiamo parlato anche di recente in una puntata di cui ho messo il link in fondo a questa pagina).

In questo contesto arriva una lettera ai presidi delle scuole superiori (riportata sotto) di Rocco Pinneri, direttore generale dell’Ufficio Scolastico Regionale del Lazio, che chiede ai presidi di identificare, se ci riescono, denunciare per interruzione di servizio pubblico e chiedere i danni ai responsabili delle cosiddette “occupazioni” degli istituti scolastici, che almeno a Roma sono una consuetudine dei “collettivi studenteschi”.

Pinneri scrive che nelle recenti occupazioni sono avvenuti “vandalismi contro arredi e dotazioni laboratoriali, infissi, impianti, razzie ai distributori automatici e ai bar interni, distruzione di controsoffitti” e altro. Danni a cui si aggiungono i tempi di ripristino che hanno, nel caso che conosco direttamente, quasi raddoppiato i tempi di scuola persa rispetto all’occupazione vera e propria. Il tutto, secondo un tranquillo (si fa per dire) rito annuale abbastanza tollerato e perfino incoraggiato da alcuni genitori.

Ho già da tempo abbandonato la chat dei genitori della classe di mia figlia per evitare mie reazioni scomposte nel sentirmi dire che queste occupazioni sarebbero un momento di crescita e autodeterminazione dei ragazzi (chissà perché gli stessi genitori non mettono a disposizione propri spazi da adibire ad attività alternative alla scuola ed eventualmente da vandalizzare per crescere, anziché quelli della scuola pubblica). Pinneri scrive che non c’è niente di “politico” in queste azioni, e così secondo me coglie solo in parte il punto, che forse può essere descritto meglio da chi ha una cultura radicale. In questo senso: la disobbedienza civile non può essere così vigliacca da fuggire le proprie responsabilità, anzi vale proprio il contrario: uno studente che ritenga suo dovere civile non andare a scuola o addirittura occuparne uno spazio non dovrebbe farne pagare il conto al resto della collettività e ai suoi compagni in primis, conto che consta soprattutto di scuola persa. La disubbidienza civile è tale se chi la compie si espone pienamente alle sue conseguenze in termini di responsabilità personale. Ma poi: veramente i collettivi pensano di essere più credibili impedendo le lezioni anziché facendo le loro azioni in aggiunta al lavoro scolastico? Se vedessi un’occupazione senza danni in soli periodi di vacanza, per organizzare una scuola alternativa, o se l’avessi vista durante la DAD, ne avrei colto io stesso la forza. Ma nel modo in cui avviene di norma no, troppo comodo e per nulla credibile.

Ora, che questo rito di prepotenza con la copertura di istanze politiche si sia ripetuto anche dopo il disastro della scuola persa per covid forse mostra che stiamo comprendendo ancora poco l’entità del danno da mancata scuola. Speriamo questa consapevolezza cambi.

Ringrazio per questa puntata Daniela Buongiorno.



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