martedì 15 novembre 2022

Il gas nazionale (Puntata 550 in onda il 15/11/22)

Vigne nei pressi di Biassa (SP)
L’uso di gas nazionale per i clienti energivori previsto nel decreto sostegni quater recentemente
licenziato dal governo è una fotocopia dell’impostazione del governo Draghi.

Se è vero che lo sfruttamento del gas nazionale è stato in parte limitato da un irrigidimento delle norme sulle concessioni, è più vero che la riduzione della produzione si deve soprattutto al progressivo esaurimento delle riserve. Meno ne rimangono, più si tratta di giacimenti costosi e marginali spesso non competitivi con quelli dei grandi esportatori (come i paesi del Golfo o gli USA) nemmeno tenendo conto dei minori costi di trasporto.

Il Governo ha parlato di un miliardo e mezzo addizionale all’anno di metri cubi di produzione possibili su un consumo italiano di oltre 70, una quantità che non modificherebbe il prezzo di mercato e che arriverebbe – per le nuove concessioni – in ritardo rispetto ai prossimi (pochi) inverni critici a fronte di previsioni di consumo in calo evidente.

Riguardo al rapporto tra gas nazionale e sconti alle aziende gasivore, si tratta di una connessione solo apparente. Infatti il decreto non prevede alcuna relazione fisica tra nuova produzione e aziende beneficiarie, bensì contratti finanziari che il Gestore dei Servizi Energetici stipulerebbe con i nuovi concessionari e che impegnerebbero le parti a compensare il prezzo della quantità di gas contrattualizzata rispetto al suo valore di mercato. Funzionerà così: se il prezzo di mercato supera quello pattuito nel contratto, il produttore (che il gas lo vende comunque sul mercato) paga la differenza al GSE, mentre se il prezzo è più basso la riceve. Quindi il GSE si troverebbe in mano un diritto/obbligo di pagare il gas una certa cifra prestabilita indipendentemente dal suo valore sul mercato. Dopodiché farebbe simili contratti (per la stessa quantità di gas sotteso) con i clienti aventi diritto, rovesciando a loro lo stesso diritto/obbligo.

La norma non prevede maggiori oneri per il GSE (se non l’impegno di occuparsi della cosa, immagino) e quindi nemmeno rischi in capo a lui, voglio sperare. Se è così, i clienti gasivori che si impegnano nel lungo termine a pagare il gas un prezzo minimo di almeno 50 €/MWh previsto nel decreto si prendono un bel rischio, visto che la storia del mercato vede prezzi in genere più bassi.

Se invece i clienti finali possono sfilarsi dal contratto quando vedono prezzi di mercato più bassi e lasciare il cerino acceso in mano al GSE, allora c'è un rischio di danno erariale per i contribuenti, che si ritroverebbero a trasferire tanto più denaro ai concessionari della produzione di gas quanto più se ne abbassano i prezzi.

Se quindi l’idea del Governo è recuperare risorse per abbassare le bollette (speriamo in modo selettivo), contratti come questi avrebbero un effetto controproducente in uno scenario di normalizzazione dei prezzi. Prolungherebbero infatti gli “extraprofitti” delle aziende del gas anche molto dopo la crisi.

Piuttosto che questo, sarebbe una buona idea allineare l’Italia agli altri paesi occidentali ed eliminare le franchigie che oggi rendono le royalty in capo ai concessionari di gas in Italia molto più basse.

Che poi parlare di royalty eque suonerebbe anche meglio rispetto a “tassare gli extraprofitti”, no? 

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