martedì 17 novembre 2015

Il petrolio non torna ancora su - D257

Ci siamo occupati mesi fa del calo violento dei prezzi di petrolio e gas, delle cause e di alcune possibili e già sperimentate conseguenze. La crisi dei prezzi ha coinvolto anche molte altre commodity, cioè materie prime come i metalli, che dopo essere stati beni-rifugio di liquidità hanno anch’esse cominciato a deprezzarsi a causa della diminuita domanda mettendo in crisi anche grandi gruppi minerari internazionali come Glencore, che avrebbe dovuto rilevare lo stabilimento Alcoa di Portovesme in Sardegna, altro tema di cui abbiamo parlato qui.

Ora è uscito il nuovo outlook dell’International EnergyAgency di Parigi, che dà spunti per ragionare su cosa possiamo aspettarci, e che è commentato per esempio in un articolo dell’Economist di pochi giorni fa.

Sul lato dell’offerta sappiamo che la nuova disponibilità di petrolio e gas è arrivata negli ultimi anni soprattutto negli Stati Uniti, dove i costi variabili di estrazione sono più alti che nei paesi OPEC. Per questo per capire se i prezzi torneranno a salire per movimenti dell’offerta occorre chiedersi quanta della capacità estrattiva USA verrà meno a causa degli attuali prezzi poco remunerativi. Una riduzione della capacità sarebbe la molla – a parità di domanda – in grado di alzare di nuovo i prezzi.
Ebbene, i dati IEA mostrano che solo nella primavera 2015 la capacità produttiva USA di petrolio ha iniziato a scemare. E tenendo conto che gli stoccaggi mondiali sono pieni, questo spiega perché i prezzi siano restati fino ad ora ai minimi dell’era recente (da fine 2014 il WTI americano è sotto i 60 $/bbl con punte di 40 nell’estate 2015).

Una cosa importante che è cambiata con il boom americano di idrocarburi è la capacità dell’OPEC, la cui quota è diventata meno importante rispetto alla domanda, di controllare l’offerta. Mancando questa capacità, scrive l’Economist, quello del petrolio è diventato un mercato “anormalmente normale”, cioè che si comporta – insolitamente nel caso del petrolio - sulla base della disponibilità effettiva di domanda e offerta.

Prezzi giù oggi quindi, ma la domanda mondiale di petrolio secondo l’IEA riprenderà già quest’anno con un più 1,9%, oltre il doppio che nella media degli ultimi dieci anni. Se sarà sufficiente per un rimbalzo dei prezzi, e quanto rapido, mi pare che nessuno sappia prevederlo.

2 commenti:

  1. Prevedere non è il forte dell'IEA che da dieci anni a questa parte non ne azzecca una. Io proverei, se fossi in te, ad essere meno assiduo nelle fonti di informazioni economiche convenzionali e proverei a guardare con gli occhi di qualche eretico (prova ad iniziare da Gail Tverberg, con il suo blog Our Finite World). Quando accusi la cosiddetta teoria del picco di essere apodittica, dimentichi che quella del picco non è una teoria, è un'osservazione per quanto riguarda la maggioranza dei campi petroliferi nel mondo, che sono ormai in declino, e un fatto ineluttabile per qualsiasi risorsa non rinnovabile, a meno che non si creda che andremo a fare i minatori e i petrolieri su Urano. Sarebbe anche importante notare che il prezzo del barile segnala una scarsità nel flusso, ma poco o nulla sa dello stock, che è quanto di cui si occupano gli studiosi del Picco del Petrolio, a meno che non si creda nelle capacità divinatorie degli speculatori che, in diversi campi, hanno ampiamente mostrato i propri limiti. Come richiesto, mi sono fatto vivo.

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  2. Ciao Luca. Se la teoria del picco significa dire che le risorse geologiche sono finite, beh, non c'era bisogno di lei, ma va da sé che è così. Ma la TDP è stata venduta come la prova (o l'osservazione) che avessimo raggiunto il picco di capacità produttiva, che era evidentemente una boiata, perché la capacità produttiva dipende dagli investimenti. Una "teoria" inutile a qualunque fine, e dannosa a mio avviso per gli ambientalisti, perché dire che la capacità produttiva dell'olio è definitivamente in declino si presta ad essere smentita e a spostare la discussione dall'ecologia alla disponibilità di petrolio. Il quale è una risorsa a mio avviso meno scarsa e critica della capacità dell'ecosistema di continuare a bruciarlo. La TDP non solo è avventata e inutile, ma è un autogoal degli ambientalisti.
    Invece, molto probabilmente finisce prima il genere umano del petrolio. Il petrolio non è l'elemento critico per la sopravvivenza del nostro benessere. Legare la decarbonizzazione alla fine del petrolio è il più grosso errore strategico-politico che si possa fare.
    Sul fatto che nessuno sa prevedere il prezzo del petrolio sono d'accordissimo. L'unica cosa che per ora è sempre stata giusta mi pare è: prezzi alti portano a maggiore capacità di estrazione, prezzi bassi a più bassa (e quindi poi a prezzi di nuovo alti), il solito ciclo delle commodity. (Poi ci sono le fluttuazioni della domanda, che naturalmente impattano altrettanto). Mi preoccupa che il prezzo basso ora sia un segnale che può rallentare le scelte politiche (Parigi inclusa) di decarbonizzazione, così come gli investimenti relativi. No? Ciao grazie

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