Votare sì o no al
referendum impropriamente detto "trivelle" del 17 aprile 2016?
Farsi un’idea non è facile, perché le risorse
informative che si trovano sono tipicamente a tesi. Anche quelle con dati
affidabili. Ma uno che cerca di farsi un’idea tende a diffidare di chi vuole convincerlo ancor prima di informarlo. Io per distinguermi mi limiterò a
invitare ad andare a votare, e a fornire alcune informazioni e considerazioni che mi sembrano rilevanti per decidere se sì o no.
Le concessioni all'attività di sfruttamento degli idrocarburi
In Italia le concessioni per estrarre idrocarburi le dà un’unità del ministero per lo Sviluppo Economico (ne abbiamo già parlato per esempio qui). La norma principale che le regola è del ’91 ed è stata modificata varie volte, tra cui con il DL 83/12, lo “Sbloccaitalia” del 2014 e la legge di Stabilità 2016 (al comma 239).
Le concessioni hanno di norma una durata di 30 anni prorogabile più volte attraverso apposita istanza, e prevedono impegni anche di ripristino ambientale a fine concessione stabiliti dal MiSE caso per caso, all'interno di norme generali tra cui propri decreti direttoriali. Stando a quanto Derrick ha trovato, le norme non prevedono tassativamente bonifiche in tempi perentori.
Recentemente il divieto di nuove concessioni in mare in aree protette è stato esteso a tutta la zona entro le 12 miglia dalla costa e dalle aree protette, con l'eccezione delle concessioni in corso. Questa eccezione, per com'è scritta (in modo purtroppo sibillino) nella Stabilità 2016, introduce anche, secondo l'Ufficio centrale del referendum, una proroga per tutta la vita produttiva delle concessioni a cui si applica. Proprio le parole che introducono tale proroga sono oggetto del quesito abrogativo.
Vari altri quesiti cosiddetti sulle trivelle erano stati presentati prima della legge di Stabilità, che li ha resi secondo l’ufficio centrale del Referendum e la Corte Costituzionale superati, a differenza di quello per cui si vota il 17 aprile.
Cosa succede se vince il sì
Secondo l'Ufficio centrale del referendum la
vittoria del sì comporterebbe due effetti:
- la cancellazione dell’esenzione per le concessioni già rilasciate dal divieto di attività entro le 12 miglia (con effetto alla scadenza)
- la cancellazione della proroga automatica delle concessioni.
Dunque se passa il sì i
giacimenti in mare entro le 12 miglia potranno essere coltivati solo fino alla
scadenza della concessione in corso.
E poi?
- Si lascerebbero il gas (in gran parte dei casi) e il petrolio dei giacimenti sotto costa inutilizzati a fine concessioni? Sì.
- È irrazionale bloccare la produzione di giacimenti già sviluppati? Sì, decisamente. A peggiorare le cose c'è che, una volta chiusi i pozzi attivi a fine concessione, lo sfruttamento delle risorse residue del giacimento richiede nuovi pozzi (e quindi: trivelle).
- Si tratta di tanto gas? No: una volta scadute tutte le concessioni sotto costa perderemmo una produzione che oggi vale meno del 3% del fabbisogno nazionale (e che a fine licenze sarà ulteriormente scemata).
- Il sì aumenterebbe le navi per far arrivare da fuori il gas e il petrolio? Verosimilmente no, checché ne dicano in molti: il gas è oggi di norma più economico importarlo via metanodotti, dove c’è un sacco di capacità disponibile. Riguardo al petrolio e ai suoi prodotti, non solo l’importazione ma anche l’esportazione e i transiti di semilavorati alimentano il traffico via nave. Per esempio il progetto petrolifero lucano di Tempa Rossa prevede elevato traffico navale in uscita dai depositi portuali di Taranto (dove arriverebbe via oleodotto).
- Importare di più ci farebbe pagare un prezzo più alto per gas e petrolio? No, salvo la componente del costo di trasporto. Il prezzo del gas e del petrolio di un medesimo tipo in sé sono quelli dei mercati internazionali e non dipendono dalla loro origine. Ci sarebbe però un effetto negativo sulla bilancia commerciale nazionale (e quindi su quella che impropriamente molti chiamano "bolletta energetica" nazionale. Che però non corrisponde alla spesa per l'energia dei consumatori nazionali, visto che quest'ultima include anche la spesa per l'energia non importata).
- Il prolungamento "a vita" delle concessioni previsto con la Stabilità è preoccupante? Sì, perché potrebbe ledere il principio generale della determinatezza e della congruità della loro durata (articolo 4 della direttiva UE 22/1994) e ridurre le possibilità del Governo di porre nuove condizioni ai concessionari al momento dei rinnovi, e di valutare l'opportunità stessa dei rinnovi.
- In generale, ha senso in termini di patrimonio nazionale accelerare l’estrazione di idrocarburi? Ai prezzi molto bassi attuali no. Probabile che queste stesse risorse, che finché sono sotto terra sono un patrimonio pubblico, varranno di più in futuro. Comprese le royalty, che in Italia già sono piuttosto basse in termini di aliquota e il cui gettito è proporzionale al prezzo dell’idrocarburo. (È irrazionale che il bilancio dello Stato non includa un vero stato patrimoniale delle risorse ambientali da approvare con le sue variazioni ogni anno dal Parlamento con la legge di bilancio).
E ancora più in generale:
ci conviene puntare a uno sviluppo basato su petrolio e gas? In Derrick ne
abbiamo parlato varie volte.
Se la risposta è no, come io credo, non è però automatico che convenga votare sì a questo quesito. E quindi?
Una possibile conclusione
Credo che una ragione solida per il sì sia contrastare la durata "a vita" delle concessioni (punto 1 sopra, peraltro controverso). Credo anche che una vittoria del sì sarebbe compatibile con una successiva modifica alle norme che permetta l’estrazione delle risorse dai giacimenti già sviluppati. Cioè che riqualifichi l'eccezione al divieto delle 12 miglia ormai consolidato, ma in modo più restrittivo, con maggiori tutele, tempi certi per le bonifiche e non certo concessioni ad libitum, in modo simile a come già era nel DL 83/2012 (link sopra).
Se la risposta è no, come io credo, non è però automatico che convenga votare sì a questo quesito. E quindi?
Una possibile conclusione
Credo che una ragione solida per il sì sia contrastare la durata "a vita" delle concessioni (punto 1 sopra, peraltro controverso). Credo anche che una vittoria del sì sarebbe compatibile con una successiva modifica alle norme che permetta l’estrazione delle risorse dai giacimenti già sviluppati. Cioè che riqualifichi l'eccezione al divieto delle 12 miglia ormai consolidato, ma in modo più restrittivo, con maggiori tutele, tempi certi per le bonifiche e non certo concessioni ad libitum, in modo simile a come già era nel DL 83/2012 (link sopra).
Altri riferimenti (oltre ai link sul testo)
Anagrafe di concessioni, giacimenti, piattaforme e pozzi
di petrolio e gas in Italia (UNMIG - Ministero dello Sviluppo Economico): http://unmig.sviluppoeconomico.gov.it/unmig/pozzi/pozzi.asp
Dati di produzione oil e
gas off shore entro le dodici miglia (di Dario Faccini per Aspo): http://aspoitalia.wordpress.com/2016/03/07/le-bufale-sul-referendum-del-17-aprile/
Sentenza 17/2016 della
Corte Costituzionale che sancisce l’ammissibilità del quesito come riformulato
dall’Ufficio centrale per il Referendum della Corte di Cassazione:
http://www.cortecostituzionale.it/actionSchedaPronuncia.do?anno=2016&numero=17
http://www.cortecostituzionale.it/actionSchedaPronuncia.do?anno=2016&numero=17
Ciao, bel post esplicativo! Mi sapreste dire peró dal punto di vista giuridico perché a scadenza le concessioni non potrebbero essere semplicemente rinnovate di 5 anni in 5 anni come previsto dalla legge 9/1991 art.9 comma 8 ?
RispondiEliminaHo scritto anche a parlamentari della commissione ambiente ma nessuno di loro mi ha risposto nel merito della questione! Ecco la comma:
8. Al fine di completare lo sfruttamento del giacimento, decorsi i sette anni dal rilascio della proroga decennale, al concessionario possono essere concesse, oltre alla proroga prevista dall'articolo 29 della legge 21 luglio 1967, n. 613, una o più proroghe, di cinque anni ciascuna se ha eseguito i programmi di coltivazione e di ricerca e se ha adempiuto a tutti gli obblighi derivanti dalla concessione o dalle proroghe (8).
Grazie. Il problema a mio parere nasce dal fatto che il recente divieto di tutte le "attività" (non: "nuove concessioni") entro le 12 miglia ha reso impossibili i rinnovi in assenza di eccezione.
RispondiEliminaE l'eccezione è scritta in modo incredibilmente sibillino. Il "son fatti salvi i titoli abilitativi" da un lato non si capisce come supera un divieto di "attività", dall'altro non si capisce che bisogno c'era di rendere temporalmente indeterminata l'eccezione. Cosa ne pensi?
Si probabilmente hai ragione: con i nuovi provvedimenti il comma della legge del 1991 non può più essere applicato.
RispondiEliminaNon capisco però perché quando a gennaio la finanziaria 2016 è stata modificata per far decadere gli altri quesiti non hanno dato un limite temporale ai "titoli abilitativi già' rilasciati", magari prevedendo i tempi e le modalità di rinnovo delle concessioni. Ci saremmo risparmiati il referendum.
concordo
EliminaPare ovvio che la formula escogitata dal governo fosse volta a salvare il regime ordinario delle proroghe escogitando una formula linguisticamente alternativa - che va letta alla luce del sistema, come ogni giurista ben sa - con il vano e codardo scopo di evitare anche il 6° referendum. E questo spiega il mistero buffo della formula "sibillina": se avessero fatto un qualche riferimento al concetto di proroga ordinaria, avrebbero preventivamente rinunciato alla speranza di evitare il referendum. IL CONCETTO DI PROROGA IN SE’ ERA COLPITO DA RICHIESTA DI ABROGAZIONE REFERENDARIA! Assurdo affermare che si sarebbe evitato il referendum. Quello è l’unico punto dove hanno cercato di evitare la consultazione non accogliendo la richiesta dei promotori, bensì aggirandola verbalmente, sperando che lo UC della Cass dormisse. Comunque l’unica interpretazione valida è la seguente: “fatti salvi” è riferito a che cosa? Al divieto ambientale non certo alla sistematica delle concessioni minerarie! E Cosa significa? Che il regime delle proroghe ordinarie è attratto entro i confini della deroga al divieto ambientale delle 12 miglia marine, d’altronde il concetto di vita utile è il substrato tecnico-economico del concetto di proroga. Non è difficile da capire. La tesi della proroga ex lege è assurda, priva di regole procedurali per la constatazione della fine della vita utile , così come quella della creazione implicita di un abnorme titolo minerario nuovo, fuori dal catalogo legale, etc. Rimane il fatto che questa cosa non è un buon motivo per votare sì al referendum se non se ne condivide la ragione di fondo. Facciamo una scommessa sportiva: se il referendum fallisce, come spero, ci ritroviamo qui fra qualche tempo e poi constatiamo se va avanti oppure no il solito tram tram delle proroghe quinquennali, scommettiamo? Ci sono alcune richieste in itinere. E ricordatevi che i vaghi e confusi obiter dicta che potete trovare nelle ordinanze dell’UC della Cass o della Consulta non valgono niente: in quella fase prevaleva l’aspetto pratico (proroghe di riffe o di raffe? Sono tutte abrogande?) lontano da una pronuncia che si esprima funditus ed ex professo sul rigoroso inquadramento sistematico della norma abroganda. L’avvocatura dello Stato ha penosamente e timidamente accennato al concetto di proroga ex lege solo per cercare disperatamente di dimostrare che questa era una norma nuova e diversa su cui non si doveva trasportare il quesito, salvo poi affermare che la normativa di risulta sarebbe incostituzionale proprio perché vieta le proroghe ordinarie e quindi il principio del legittimo affidamento. Onestamente, gente che lavora in un ufficio legale di una nota compagnia non si sogna lontanamente di condividere la barzelletta della proroga ex lege in senso giuridico-formale. Lo UC della Cass ha semplicemente detto che se anche fosse così, la norma è contraria alla volontà referendaria che, ripeto, colpisce qualsiasi proroga, qualsiasi!
EliminaIo sono un giurista. Le ragioni addotte da lei per votare sì sono risibili pretestuose e francamente decettive, come ho personalmente constatato.
RispondiEliminaL’architrave di tutto si basa sui seguenti capisaldi
1) L’effetto giuridico della vittoria del sì non comporta un divieto costituzionale ( a tacer della evidente e accresciuta difficoltà politica) per il Parlamento di consentire normali proroghe e quindi la continuità delle estrazioni è presumibilmente salva
2) Il rischio va comunque corso per sventare un male maggiore, le fantomatiche concessioni illimitate contrarie addirittura al diritto euro-unitario.
Entrambe sono affermazioni apodittiche e false. La latitudine del divieto costituzionale di far rivivere la normativa abrogata si indentifica con il contenuto normativo essenziale della norma abrogata medesima, già individuato dall’ufficio centrale della Cassazione nel concetto stesso di proroga, a prescindere dalla veste giuridica che possa assumere, quando tale organo ha disposto la trasposizione del quesito sullo ius superveniens. Esistono alte probabilità che tale orientamento esegetico abbia successo e venga applicato in futuro. La certezza assoluta non si può dare, ma perché correre il rischio se si è favorevoli alla continuità delle estrazioni, dato l’orientamento sempre più severo della Consulta su questo punto ? (si veda: http://www.giurcost.org/studi/Ferri4.pdf ) . Per sventare il Moloch delle concessioni illimitate? Ah ah. Ah… vediamo un po’. L’interpretazione che vede nel sintagma normativo sopravvenuto una misteriosamente implicita proroga ex lege a tempo illimitato capace di travolgere la disciplina generale delle concessioni minerarie è considerata in dottrina assai stravagante (se non altro, ma non solo, per la collocazione sistematica della norma e la sua stessa natura di norma eccezionale in materia ambientale), militano contro di essa tutte le regole dell’ermeneutica giuridica e tra queste colossali ragioni di ordine logico-sistematico. Ma facciamo finta che tale norma venga assurdamente intesa da qualcuno nel senso di avere improbabili effetti costitutivi in materia concessoria, nondimeno il sì non è necessario. Ecco gli scenari: le compagnie non aderiscono a questa interpretazione e continuano a chiedere le normali proroghe: nulla cambia. Le compagnie cessano di chiedere le proroghe e il governo accoglie questo orientamento: le associazioni ambientaliste scatenano una battaglia legale. Il giudice comune le ricordo che ha il dovere di disapplicare il diritto interno se incompatibile con quello euro-unitario. I casi sono due: quello altamente probabile, ovvero che il giudice scelga l’interpretazione più ovvia e rispettosa di tutte le regole esegetiche, nonché conforme al diritto europeo e quindi si torna al punto di partenza: proroghe secondo il regime ordinario. Oppure sceglie la seconda strada: conseguente questione pregiudiziale di fronte alla Corte di Giustizia. La quale dirà se il termine tecnico “vita utile del giacimento” sia temporalmente definito oppure in violazione della direttiva da lei citata, che le ricordo è sufficientemente precisa tanto da essere auto-applicativa. Se la Corte si pronuncerà per l’illegittimità, il parlamento potrà agevolmente inserire nel comma 17 dell’articolo 6 del Codice dell’ambiente un riferimento alle proroghe ordinarie, non essendo vincolato dall’ipoteca referendaria, ripristinando il sintagma precedente “ed eventuali relative proroghe”.
Continua.
RispondiEliminaPer quale ragione dovrei correre il rischio di buttare via il bambino con l’acqua sporca se sono contrario alle ragioni di fondo del referendum? Se lei è in buona fede e non agisce come furbesco propagandista del sì sfruttando argomentazioni apparentemente più sofisticate per ingannare qualche elettore refrattario all’eco-fondamentalismo e al localismo esasperato, dovrebbe ammettere di essere stato imprudente, data anche la sua evidente impreparazione giuridica. Suscita sospetti la curiosa inversione dell’ordine del discorso: minimizzare gli effetti giuridici del sì e presentare come dirimente una questione assai dubbia e sostanzialmente irrilevante, rilanciando argomenti puramente propagandistici degli azzeccagarbugli a libro paga del comitato del sì. Prendere in giro la gente non è bello, anche se lo si fa in buona fede. Vota sì chi condivide le ragioni del referendum e vuole ottenere l’effetto di far cessare le estrazioni nella zona interdetta alla scadenza delle concessioni o delle proroghe già concesse; invece, chi vuole la continuità delle estrazioni vota no o meglio ancora sta a casa. Il resto è silenzio.
Visto che lei è un giurista e io no, perché non prova a fornire un'analisi sintetica, comprensibile e magari scevra sia di formule gergali, sia di illazioni sulle mie intenzioni, sia di sparate sull'"eco-fondamentalismo"? Se il suo obiettivo è convincere, cerchi di essere serio, ordinato, e di dare un contributo scientifico. Se vuole. Se no liberissimo di discettare sulla mia buona fede e di sfogarsi. Frasi come "il resto è silenzio" non le commento perché penso imbarazzino lei stesso, ho ragione?
EliminaIo non mi azzarderei mai, presentandomi come esperto, a dare consigli a cuor leggero se non conosco bene le conseguenze delle azioni che suggerisco. La mia foga è dovuta al fatto che ho letto sul web commenti di persone da lei convinte a votare sì pur essendo favorevoli alla continuità dell'estrazione e avverse alle ragioni di fondo dei promotori. A casa mia questo significa rischiare di raggirare il prossimo, e quindi è segno di sciatteria. Io, ad esempio, non mi azzarderei mai a suggerire a una persona che mi chiede un parere di votare no o stare a casa perché "forse" la normativa di risulta, ossia quella emergente dalla vittoria del referendum, è incostituzionale secondo l'opinione di alcuni, eppure sono un giurista. Lei ha usato un argomento che sono libero di giudicare un espediente retorico, perché nei fatti lo è. Che l'ecologismo diffuso in Italia sia ottuso e fondamentalistico (con l'eccezione dell'ambientalismo di tradizione liberale, guarda caso Gli Amici della Terra di Rosa Filippini sono nel comitato del no) è evidente proprio da iniziative come queste, che non hanno paragoni nel resto d'Europa. Per fortuna che su questo giudizio esiste un vasto e qualificato consenso e onestamente se lei la considera una sparata me ne faccio una ragione. Il contributo ordinato e scientifico in un commento sul web fatto in fretta non è facile, ma posso postare un altro commento.
EliminaL'espressione il "resto è silenzio", voleva significare, e se è parsa aggressiva me ne scuso, che un conto sono le opinioni e un conto sono i fatti e le conseguenze giuridiche di un referendum sono fatti. Le sue considerazioni di politica energetica e soprattutto il quadro culturale che le sostiene io non li condivido per nulla, ma si tratta appunto di opinioni, degne del massimo rispetto, pur essendo io un "liberista selvaggio", alla Stagnaro per intenderci. Le affermazioni non veritiere sono un altro paio di maniche. Il problema è che lei ha posto a base di un consiglio "operativo" delle motivazioni giuridiche, senza padroneggiarle, prefigurando scenari e quindi prendendosi la responsabilità di tratteggiare le conseguenze del voto. Se lei pensa che sia giusto così...
Come consigliare a una persona pro-choice di votare a favore di un referendum sull'abrogazione della legge sull'aborto perché il Parlamento ha inserito norme giudicate non condivisibili secondo una certa interpretazione assai sgangherata - guarda caso caldeggiata dai promotori - assicurando che il Parlamento stesso dopo approverebbe una legge più giusta e più bella che pria...
Comunque il sugo della storia è che lo spauracchio delle concessioni illimitate è un mostriciattolo che non è mai nato oppure al massimo è nato morto e francamente è di una inconsistenza rara, nel peggiore dei casi verrebbe incenerito per via giudiziale, mai potrebbe dispiegare i suoi effetti ed è sommamente improbabile che le compagnie lo invochino rischiando di suscitare liti giudiziarie con il governo o le associazioni, dato che le proroghe, a differenza di quello che ha scritto lei, che non so quale conoscenza abbia delle pratiche del settore, nella sostanza sono delle formalità e devono essere concesse alle stesse condizioni. Mentre il rischio, votando sì, di far scattare un divieto costituzionale che impedisca al Parlamento di emanare norme per legittimare le proroghe ordinarie nella zona interdetta è assai reale. Questa è una informazione essenziale per consentire ad ognuno di esercitare il "conoscere per deliberare" di einaudiana memoria. Io credevo che l'ABC dell'informazione corretta fosse descrivere compiutamente le conseguenze di un sì a un referendum abrogativo, se si esorta a votare sì: evidentemente mi sbagliavo, ho delle pretese eccessive.
Continua. Il sospetto di malafede forse è istintivamente sorto da un eccesso di stima preventiva per le sua capacità di farsi un'opinione informata. Se si tratta di ingenuità e anche lei darà un voto disinformato, pazienza.
RispondiEliminaPS
Tra i grandi difensori della concorrenza e del mercato di pura cultura liberale che animano il dibattito pubblico non mi pare che ce ne sia neppure uno che è andato dietro a questa barzelletta e la abbia valorizzata a tal punto da renderla dirimente. Non le sembra strano? e invece abbiamo questi cuori che improvvisamente fibrillano per la più intransigente difesa dei principi della concorrenza, anche dove è difficile scorgerne la sostanziale violazione, dopo non avere mai dato segno di rispetto per questi valori, basta guardare chi sono i promotori...
L'ultima cosa, ripensandoci bene. Il commento postato in coda alla sua conversazione con un altro lettore era colloquiale e colorito, ma spiegava perché era stata usata quella formula, visto che sembrava un mistero a detta vostra, e ho detto che l'intenzione era aggirare il referendum, non creare un mostro e attribuire privilegi perpetui, nell'illusione che variare la formula linguistica bastasse. L'espressione "fatti salvi" va intesa, per darle un senso all'interno del sistema, come "vogliamo salvare i titoli esistenti dal divieto ambientale e non certo dal rispetto delle leggi minerarie vigenti, con i loro termini e le loro procedure", e quindi semplicemente consentire le proroghe ordinarie, che infatti vengono chieste dalle compagnie fino a che è vantaggioso sfruttare il giacimento, ma senza nominarle, perché erano "abrogande", ossia oggetto di richiesta di abrogazione referendaria. La Cassazione, senza affrontare nel merito la vera natura della norma nuova, ha semplicemente detto che se non è zuppa è pan bagnato: i promotori non vogliono proroghe e il legislatore se voleva accogliere la loro volontà doveva vietarle tutte in qualsiasi forma. Punto.
RispondiEliminaIl commento delle 18 e 22 onestamente illustra i termini del problema. Il sì comporterà quasi sicuramente l'impossibilità di dare proroghe. Poi passo a spiegare perché la questione delle concessioni illimitate di fatto è uno dei più grotteschi "straw man argument" che abbia mai visto, tratteggiando uno scenario realistico. Ribadisco che tra gli studiosi del diritto amministrativo non c'è ne uno che dia alla novella contenuta nella legge di stabilità, su cui è stato trasportato il quesito, il senso che gli dà lei. Non vedo grandi difficoltà di comprensione.
Poi sarebbe interessante affrontare la questione da un'altra angolazione: ammesso e non concesso che fossimo di fronte a una proroga ex lege, siamo sicuri che il termine della vita utile del giacimento sia veramente indeterminato? Dubito assai che potrà accadere, ma se si verificassero le improbabili condizioni prefigurate nel post delle 18 e 22 e la questione finisse in mano alla Corte di giustizia perché i giudici italiani stabilissero che effettivamente quella norma produce strambe proroghe ex lege in forma implicita, sarebbe compito della Corte di giustizia della UE giudicarne la legittimità (e visto che la Corte guarda alla sostanza - e pensando anche alle pratiche inglesi mai ritenute illecite - essa potrebbe anche ritenerla legittima). Ma questo compito, appunto, appartiene alla Corte di Giustizia, non spetta certo al corpo elettorale italiano in sede referendaria, che deve rispondere a ben altro quesito. La sostanza è tutta qui. Le più o meno fantasiose questioni di legittimità euro-unitaria (in termini di esistenza stessa della norma e di sua legittimità) le lasciamo agli organi preposti. Come la questione della violazione del legittimo affidamento dei vecchi concessionari (ovvero l'aspettativa, protetta dall'ordinamento, a vedersi concessa la proroga, se non ci sono validissimi motivi per negarla) la lasciamo alla Corte Costituzionale nella malaugurata ipotesi che vinca il sì.
Peccato lei non riesca a essere più sintetico e a discernere le argomentazioni giuridiche da quelle di costume o da inutili processi alle intenzioni. A me non interessa quel che lei pensa di me e dei miei fini, mi interessa un suo eventuale apporto sul merito.
RispondiEliminaChe la Stabilità introduca proroga automatica lo dice la Cassazione, non riesco a capire se lei nega che sia così o meno.
Che un giudice possa disapplicare la norma in quanto (forse) in violazione della Direttiva del 94 non capisco perché renda inapprorpiato il sì come modo per ottenerlo prima.
Infine, non capisco perché l'abrogazione delle parole previste dal quesito dovrebbe impedire al legislatore di riformularle in modo meno dannoso e non necessariamente riproponendo la norma precedente.
Lei è sicuramente convinto di aver già risposto, ma io vedo un gran minestrone retorico e su piani diversi. Se vuole risponda sinteticamente a queste domande, grazie