Da "The Economist", 8/5/2021 |
Questa è Derrick e questo è il 193esimo giorno dal decreto del 6/11/2020 che chiuse le scuole per la seconda volta senza che quelle superiori, anche nelle regioni più fortunate d’Italia, abbiano da allora mai più riaperto a pieno regime.
Torniamo a
parlare a Derrick di qualità dell’aria nelle città, ma lo facciamo prendendola
stavolta da lontano. Un articolo dell’Economist della seconda settimana di
maggio 2021 mi ha molto colpito, tanto che per un po’ sono rimasto lì a
guardarne i grafici esplicativi senza capire dove volessero arrivare.
Questi grafici,
che riporto sul blog Derrickenergia.it insieme al link all’articolo (a
pagamento e non sono autorizzato ovviamente a riprodurlo), sono a forma di
cerchio il cui centro rappresenta il centro di una città. Quale città? Tutte le
principali città della Gran Bretagna che sono state analizzate in questo studio
recentemente pubblicato nel journal della University of Chicago a firma di tre
accademici: Heblich, Trew e Zylberberg.
I tre studiosi
hanno confrontato la localizzazione della popolazione residente a più basso
reddito delle città considerate con la qualità dell’aria nei singoli quartieri.
Per i periodi antecedenti alla disponibilità di rilevazioni, gli studiosi hanno
usato modelli di dispersione degli inquinanti a partire dagli opifici con
emissioni dannosi registrati nella documentazione disponibile. Lo studio ha
coperto un periodo che inizia alla fine del XVIII secolo, cioè con la prima
rivoluzione industriale, quando la Gran Bretagna, si può forse dire, ha
inventato lo smog.
Ebbene, cosa
emerge dallo studio? Che i poveri abitavano e abitano tutt’ora nelle zone più
inquinate della città, che sono anche quelle con i prezzi delle case
sensibilmente inferiori. Questo in parte si spiega con la prossimità agli
opifici ma, secondo gli autori, significativamente di più con quella che
potremmo chiamare gentrificazione della salubrità: le zone più inquinate esprimono
proprio per questo prezzi delle case più bassi e sono alla portata dei redditi
inferiori.
C’è una
costante, a prima vista curiosa, che gli autori notano e che avvalora le loro
conclusioni: nelle città dell’isola le zone inquinate sono perlopiù a Est e
Nordest dei centri urbani (mentre gli opifici sono o erano distribuiti in modo omogeneo
nella cintura cittadina). Perché? A causa dei venti prevalenti nella regione
considerata (e non, per esempio, delle esalazioni dei fiumi, perché non sempre
come avviene a Londra il fiume cittadino fluisce verso Est).
E guarda caso statisticamente
più spesso a Est e Nordest sono i quartieri più poveri. E c’è di più: questo
trend non si è affatto invertito, almeno non ancora, con la deindustrializzazione
almeno parziale.
Si direbbe una
conferma (e non ce ne sarebbe bisogno) dell’efficacia dei cosiddetti “prezzi
edonici”, una tecnica con cui gli economisti ambientali misurano la
disponibilità a pagare un bene ambientale (in questo caso l’aria più pulita)
con i prezzi di altri beni che permettono di fruirne (in questo caso le case in
determinati quartieri).
Continueremo
il tema, ma spostandoci in Italia, nella prossima puntata.
Link:
- L'articolo citato sull'Economist dell'8/5/21: https://www.economist.com/graphic-detail/2021/05/08/the-legacy-of-victorian-era-pollution-still-shapes-english-cities
- La pubblicazione oggetto dell'articolo, nella rivista dell'università di Chicago: https://www.journals.uchicago.edu/doi/pdf/10.1086/713101
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